Un nuovo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sui livelli di obesità in Europa, pubblicato recentemente, mostra che circa un bambino su tre in età scolare convive con l’obesità o è in sovrappeso.
Spesso sono esposti tanti progetti di educazione alimentare (per contrastare l’obesità la “buona alimentazione” ovviamente non è l’unica strada da intraprendere, utili sono anche una sana e controllata attività fisica e un corretto “stile di vita”; da considerare anche casi legati a fattori genetici e ambientali e più raramente ad alterazioni ormonali quali ipotiroidismo, disfunzioni surrenali e altre patologie) ma poi quando si tratta di mettere in campo azioni concrete molti dei propositi espressi – anche da alti esponenti istituzionali – in tema di educazione alimentare e “dieta mediterranea” rimangono sulla carta. Anche un poco di ipocrisia? Forse si.
Bei discorsi generalmente pieni di buoni propositi ma nella sostanza privi di interventi concreti. “L’Italia rimane uno dei paesi d’Europa con il più alto tasso di obesità infantile e tra gli studenti (…), nonostante il trend in calo nell’ultimo decennio”, come leggiamo in un articolo pubblicato un paio di giorni fa su questa testata giornalistica, dove è riportato che tra i suggerimenti della “Regione europea dell’Oms” una delle “tre azioni specifiche per contrastare le proiezioni attuali e aiutare a prevenire” è la seguente: “Regolamentare l’industria alimentare e delle bevande: le politiche più efficaci per affrontare l’obesità infantile includono l’imposizione di una tassa sulle bevande zuccherate, la richiesta di un’etichettatura chiara sulla parte anteriore della confezione e la limitazione della commercializzazione di cibi malsani ai bambini”.
Ma nella sostanza non era la proposta di Lorenzo Fioramonti dopo il suo insediamento, nel 2019, come ministro dell’istruzione? Che in modo chiaro aveva chiesto di tassare “bibite gassate” e “merendine” particolarmente zuccherate. Così, secondo il ministro e i suoi ‘tecnici’ si sarebbero potuti ricavare un paio di miliardi di quei tre miliardi richiesti da Fioramonti per scuola e università (“serve un miliardo aggiuntivo per l’università e due per la scuola”, aveva precisato l’allora ministro), da reinvestire (edilizia, organici, contratto?). E il ministro riteneva di poterli ricavare proprio da “tributi di scopo”, già attuati da diversi altri Paesi, come ci ricordava anche ‘ilfattoquotidiano.it’: “Il neo ministro ha proposto tributi ‘di scopo’ che, specie negli ultimi anni, sono diventati realtà in decine di Paesi. ‘Fat tax’, ‘soda tax’ e ‘sugar tax’: misure che, oltre a contribuire alla riduzione di obesità e diabete, permettono allo Stato di finanziarsi”, oltre a “tasse sui voli aerei che inquinano” (nell’ordine di un euro per i voli nazionali e di euro 1,50 per quelli internazionali).
Peraltro, Lorenzo Fioramonti aveva pure chiarito di essersi “permesso di proporre un modo per recepire fondi, ma l’onere non spetta a me ma al Mef: rispetto i percorsi del governo”.
E a tal proposito, in un articolo pubblicato in quel settembre 2019 avevo scritto che “è assai meritevole avanzare proposte concrete: finanziamenti per l’istruzione, a parole, le avevano chieste tutti i suoi predecessori a Viale Trastevere – o quasi tutti! – ma suggerire dove reperirli è un bel passo avanti, anche per non dare il solito alibi di dire che è facile parlare ma non ci sono le risorse” (che il ministro “invece ha in parte individuato e che magari potrebbero essere utilizzate non solo per la scuola ma anche, dico anche e non ‘stornarle’ altrove!, in altri settori, per finanziare altre iniziative che migliorino le condizioni dei cittadini: salute, pensioni, servizi)”.
Eppure, quelle cifre erano considerate peraltro dal titolare del Miur la soglia “minima”, perché in realtà Fioramonti aveva detto chiaramente che ne sarebbero serviti molti di più al mondo dell’istruzione e della ricerca, ma viste le contingenze finanziarie si accontentava di ciò che riteneva indispensabile.
Ma le proposte dell’allora ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sollevarono aspri giudizi, se non aperte polemiche. Abbastanza attesa l’ondata di proteste e a volte di palese delegittimazione da parte delle multinazionali e di chi evidentemente se ne fa “megafono”. Un po’ meno pronosticabili quelle di gran parte della classe politica, persino di alcuni esponenti che avrebbero dovuto essere a lui vicini. In realtà, probabilmente Lorenzo Fioramonti si stava già rendendo conto di cominciare a essere isolato anche dai colleghi di governo e persino da rappresentanti del Movimento di cui faceva parte, cioè il M5S, e quando ha capito che non gli avrebbero consentito di realizzare ciò che si era prefisso (ovviamente non soltanto sulla proposta di tassazione di alcune merendine e bibite gassate: ad esempio avevano suscitato critiche in certi ambienti anche alcune dichiarazioni del neoministro riguardo al lavoro degli insegnanti e sulla necessità di dare finalmente serenità al mondo della scuola dopo decenni di “turbolenze”) dignitosamente e coerentemente si è dimesso, cosa in Italia non proprio usuale (a meno che… non si sia costretti)!
In quell’articolo avevo inoltre sottolineato di apprezzare anche il suo “coraggio” di parlare in modo non criptico, visto che come riportato anche in un altro articolo che in quel periodo era stato pubblicato su questo sito Lorenzo Fioramonti aveva fatto un riferimento preciso per quanto evidentemente soltanto esemplificativo: “Vorrei ricordare a tutti gli improvvisati lobbisti della Coca Cola company che bibite zuccherine e gasate contribuiscono in maniera decisiva alla diffusione di tante malattie endocrino-metaboliche”, precisando che secondo lui occorreva segnalare “al grande pubblico che una bibita che contiene 7 cucchiaini di zucchero in una confezione è una bomba calorica. Se poi faranno una Mecca Cola light ben venga (…). Quando in questo paese sfiori interessi economici importanti è evidente che si scateni una reazione. Io non sono condizionato né condizionabile da altri interessi che non siano il bene pubblico”.
E nel mio articolo mettevo in rilievo che il sito “Business Insider evidenzia che l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha pubblicato un documento che esprime posizioni molto nette: le linee guida raccomandano, per prevenire obesità e problemi ai denti, una riduzione degli zuccheri pari al 10 per cento dell’energia introdotta quotidianamente. E proprio le bevande dolci, secondo l’Oms, sono una delle maggiori sorgenti di zucchero. Una spremuta, la frutta e le mandorle, o i biscotti fatti in casa sono indubbiamente una scelta più economica e più sana”.
E concludendo con una riflessione sull’impegno a favore di una dieta mediterranea equilibrata si potrebbe dire che certamente, come avevo già scritto nel suddetto articolo successivo alla proposta di Fioramonti, è più facile propagandare progetti di educazione alimentare che magari non verranno neppure avviati in modo incisivo (tanto di “progetti” è piena la scuola, ormai da decenni, magari a discapito dei programmi “tradizionali” che dovrebbero formare le conoscenze senza le quali non possono esistere competenze, da cui invece parte chi propende per un “saper fare” che in realtà è utile solo anche ad una “manovalanza” intellettuale: allarmante l’articolo pubblicato su questo sito, dal titolo “Un quindicenne su cinque non sa leggere. (…) Impoverimento del lessico…”) piuttosto che agire concretamente per tassare snack non proprio in linea… con la dieta mediterranea e bevande zuccherine e gassate.
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