Anche recentemente il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha manifestato contrarietà sui possibili interventi sulla legge Fornero. Di fronte alla revisione della riforma pensionistica del governo Monti, revisione prospettata dai due schieramenti politici che si sono confrontati serratamente in questi giorni per tentare di formare un nuovo governo e soprattutto voluta, come attestano tutti i sondaggi, dalla stragrande maggioranza degli italiani, sono scattati da più parti i “balletti delle cifre” (…e le manovre degli “eurocrati”) ma alla fine sembra che il costo non sarebbe così esorbitante e semmai che altre misure cosiddette “espansive” hanno costi ben più elevati.
La revisione della legge Fornero
Boeri mettendo in risalto come un’uscita anticipata si rifletta sugli importi delle pensioni, perché “col sistema contributivo più si lavora, più i trattamenti aumentano” dice una ovvietà (anche se sul calcolo delle spese destinate alle politiche previdenziali andrebbe fatta chiarezza), ma allora si potrebbe lavorare sino a 100 anni, così con il sistema contributivo si accumula una pensione maggiore!
E poi se un cittadino lavoratore vuole riconquistare il suo tempo libero (un bene prezioso, soprattutto ad una certa età per permettere di dedicarsi a qualcosa che nella propria vita non si è mai riusciti a fare, magari per mancanza di tempo, il “tempo libero” o del riposo che l’ideologia neolibersita ancora imperante – non la attribuisco, sinceramente, né a Boeri né all’Inps – tende a rubare all’essere umano, così come sostanzialmente non consente alle fasce meno abbienti la possibilità di curarsi in modo adeguato, o di godere meglio la famiglia o di coltivare le proprie passioni, sino al furto persino del futuro e della speranza!) magari rinunciando a una piccola parte della propria pensione, affrancandosi da qualcosa che ormai per stanchezza il lavoratore percepisce come una “schiavitù”, perché non ha diritto di farlo (riconquistare il suo tempo libero andando in pensione) sopportando, al limite, qualche “penalizzazione”? Si tratta di somme di denaro disponibili che spettano appunto al lavoratore (peraltro, una parte di questi contributi pensionistici è a carico dello stesso lavoratore ed è trattenuta in busta paga).
Mancati versamenti ai dipendenti pubblici, prescrizione dei contributi, salvaguardare i diritti
Boeri, prontissimo a snocciolare dati sul “sistema pensioni”, farebbe bene a controllare e a risolvere problemi strutturali dell’Inps, per esempio il problema gravissimo per i lavoratori del Pubblico impiego (docenti compresi ovviamente) cui mancano nel proprio estratto conto previdenziale alcuni anni di contributi in quanto non risultano versamenti da parte dell’amministrazione pubblica (e non importa se quegli anni fossero assoggettati a contribuzione Inpdap o Inps, perché come ben sappiamo lo stesso Inpdap è stato assorbito poi dalla gestione Inps); e nonostante qualche “rassicurazione” (ci mancherebbe che lo Stato non versasse – lo ha omesso in quegli anni? – i contributi ai propri dipendenti!!), c’è ancora molta incertezza. L’Inps, nella circolare n. 169 del 15 novembre 2017, chiarisce (rispetto alla precedente circolare n. 94/2017 sulla prescrizione dei contributi pensionistici dovuti alle casse della Gestione dipendenti pubblici) che è ancora oggi applicabile l’art. 31 della legge 24 maggio 1952, n. 610.
La disposizione di legge richiamata stabilisce una speciale disciplina per il recupero delle contribuzioni dovute per gli iscritti presso la CPDEL, CPUG, CPS e CTPS (la cassa previdenziale dei dipendenti statali, quindi anche il comparto scuola, e università), per le quali le Amministrazioni datrici di lavoro abbiano iniziato il versamento in data successiva a quella in cui ricorreva l’obbligatorietà dell’iscrizione alle stesse (attenzione, al contrario, l’art. 31 citato resta inapplicabile ai lavoratori assicurati presso la CPI in cui sono attualmente iscritti gli insegnanti di asilo e scuole elementari parificate, “oggi ricondotte nell’ambito della nuova categoria delle scuole paritarie per effetto della legge n. 62/2000”, i quali quindi dovrebbero cercare di perseguire altre soluzioni).
Allora il presidente dell’Inps chiarisca con la massima urgenza e la massima trasparenza se e quando i “buchi contributivi nel conto assicurativo” e/o gli errori di calcolo (circostanza paradossale ma piuttosto frequente nel pubblico impiego, ed errori pare si siano verificati anche dopo che la gestione Ex Inpdap è passata all’Inps) verranno sanati (come precisato con il riferimento all’art. 31 della legge 610/52) e i lavoratori ne potranno prendere effettiva visione nella propria posizione assicurativa del sito dell’Inps. Perché, in effetti, l’Inps, con circolare n. 169 del 15 novembre 2017, ha fissato il 1° gennaio 2019 come termine ultimo entro cui bisogna eventualmente integrare o rettificare il proprio estratto contributivo, dopodiché scatta la prescrizione: allora i dipendenti pubblici che per colpa della propria Amministrazione fossero loro malgrado in tali situazioni possono davvero stare tranquilli o no?!
Situazione paradossale, evitare beffe non più accettabili
E a intervenire deve essere ovviamente l’Inps (che ha ereditato tale situazione ed ora deve porre automaticamente rimedio) autonomamente senza che i lavorati della scuola (e degli altri settori del Pubblico impiego) debbano in qualche modo arrangiarsi loro a sistemare la propria posizione contributiva, anche perché chiaramente sono in molti che, fiduciosi, non hanno conservato i documenti relativi ai rapporti di lavoro pregressi. Oppure devono “sbattersi” gli insegnanti tra patronati, uffici scolastici, ecc., per far valere un loro diritto?! Ma in questo caso, quindi se non provvede autonomamente l’Inps, consiglio a docenti, Ata, e a tutti i dipendenti pubblici coinvolti, di promuovere una “class action” per i danni causati da inefficienza che ha leso loro interessi.
Una situazione paradossale (qualcuno direbbe una “barzelletta”, se non fosse la realtà) che rischia di sottrarre ai lavoratori periodi contributivi (non per colpa di un datore di lavoro privato, ma addirittura della stessa Amministrazione statale) o comunque di costringerli a percorsi di recupero non semplici e che presumono tempo da dedicare e file da fare. Oltre al danno la beffa? Non scherziamo…