I lettori ci scrivono

Occorre un’evoluzione della figura dell’insegnante di sostegno

La proposta di ridurre della metà le percentuali dei trasferimenti da sostegno a materia ha creato una sorta di dibattito sulla figura del docente di sostegno che alle volte rasenta l’assurdo. Ho letto di tutto in questi giorni e ho capito che in pochissimi sanno realmente come funziona il nostro sistema scolastico.

Non è limitando la professionalità dei docenti di sostegno che si può garantire la continuità del contingente anche perché io in prima persona ho sperimentato che l’inclusione passa sopratutto attraverso l’insegnante curricolare e non mediante il solo docente di sostegno.

Dopo otto anni passati sul sostegno, sono riuscita a passare alla materia, non rinunciando affatto al ruolo di docente di sostegno, perché ho preso l’abilitazione proprio per sentirmi una docente a tutto tondo e non di sicuro per avere una ‘scorciatoia’ per il ruolo, come molti sentenziano.

Durante le mie ore di tedesco oggi, i ragazzi certificati che ho in classe sono tranquillamente e serenamente coperti da me. Tutti, non uno escluso!

Solo di rado mi è capitato di avere il docente di sostegno durante le mie ore perché di solito, a inizio anno, appena sentono la materia tedesco gli stessi prof di sostegno mi avvertono che non lo sanno e che, essendo una lingua difficile, non saprebbero come aiutare.

Questo perché il docente di sostegno sa che nella scuola italiana di oggi si pretende che lui conosca tutte le materie e si sostituisca in toto al docente curricolare.

Premesso che l’insegnante di sostegno non deve essere un tuttologo, ma un facilitatore di contenuti, il lavoro di inclusione andrebbe fatto in team con la collaborazione di tutti i docenti curricolari, che, se ben formati, sanno tranquillamente occuparsi di tutti i discenti.

Da quando sono ritornata sulla materia ho capito infatti quanto inutile sia la figura del docente di sostegno così come è al momento concepita in Italia. Se a livello legislativo la sua figura è regolamentata in maniera pertinente, nella pratica assolutamente non lo è, per cui ci si trova a fare di tutto, anche ciò che nello specifico non ci compete, pur di tutelare i nostri discenti.

Nei miei otto anni mi sono dedicata allo studio matto e disperatissimo di materie a me ignote: economia aziendale, economia politica, matematica finanziaria ecc… Questo perché l’alunno/a era sempre visto e considerato solo mio/a.

Più di una volta mi sono sentita dire dai colleghi a ridosso di una verifica scritta: “al tuo ragazzo allora che cosa prepari?” e più di una volta ho risposto che il ragazzo non era solo il mio, ma anche il loro e che pertanto anche i curricolari dovevano spendersi a preparare e fare qualcosa.

Una Dirigente addirittura, nel non proprio lontano 2010, si è permessa di ordinarmi di andare in gita, altrimenti il ragazzo che seguivo non sarebbe partito. Io in gita ci sono andata, ma non per fare un favore ai miei colleghi o per ubbidire pedissequamente alla DS in questione, ma perché, vedendo gli occhi del ragazzo brillare alla proposta, ho deciso che avrei potuto anteporre i suoi interessi ai miei.

Nonostante la lotta continua per far valere i diritti dei ragazzi e i miei, che per otto anni è diventa a livello psicologico anche massacrante, mi sono dovuta piegare più di una volta a questo sistema, accompagnando i discenti in bagno perché non c’erano le figure preposte, studiando come una pazza materie che non avevo mai incontrato nel mio percorso di studi e formazione, preparando verifiche di tutti i generi, riassunti, mappe concettuali ed esercizi e andando in gita quando nessun altro collega curricolare ci voleva andare perché avrebbe partecipato anche il ragazzo o la ragazza con il sostegno.

In quegli anni mi sono ripromessa che una volta passata a materia la musica sarebbe cambiata perché, oltre a non fare il bene del docente, in questo modo si ledono soprattutto gli interessi del discente, che ha tutto il diritto di essere seguito dal proprio insegnante curricolare, che è il più qualificato a insegnare la sua materia.

Capisco la frustrazione dei genitori quando vorrebbero avere un insegnante di sostegno per tutto il ciclo, ma è giusto che si comprenda che la continuità non la garantiscono i soli docenti di sostegno, ma tutti i curricolari.

La tutela dell’inclusione dei propri figli non può essere affidata al singolo docente di sostegno, ma a tutta la comunità scolastica. Non si può infatti pretendere che un docente di sostegno non si ammali mai, non possa mettere su famiglia o che non abbia le proprie esigenze. Pertanto occorre un’evoluzione dell’insegnante di  sostegno, o meglio, un’evoluzione del docente curricolare che sia preparato anche a fronteggiare nel migliore dei modi il sostegno.

Limitando e ostacolando la libertà e professionalità altrui non si potrà mai includere. Ognuno deve essere libero di esprimere al meglio le proprie potenzialità, deve essere felice e appagato per lavorare serenamente e questo non vale solo per i discenti, ma anche e sopratutto per i docenti. Non rimpiango i miei otto anni di sostegno perché mi sono serviti a essere un’insegnante migliore, ma solo ora, insegnando la mia disciplina, mi sento completa, appagata e felice, perché solo ora sono effettivamente l’insegnante di tutti.

Miriam Morf

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