La pandemia permane e si diffonde ancora con virulenza. Si sperava di poterla debellare in tempi accettabili, mentre si comincia a dire che dobbiamo rassegnarci a conviverci ancora a lungo.
In questa situazione pandemica, sanitaria ed organizzativa si moltiplicano le proteste e le richieste di provvedimenti più disparati, che mettono in discussione i principi fondamentali del nostro convivere civile e democratico. Persino i principi costituzionali, alla luce delle situazioni emergenziali in cui ci troviamo immersi, vengono reinterpretati diversamente da come eravamo convinti da sempre.
Ci si chiede: se in nome dell’articolo 17 sia possibile impedire ai cittadini di riunirsi pacificamente; se in nome dell’articolo 32 un docente possa pretendere di andare in classe senza la certezza di non essere portatore sano del contagio; se in nome dell’articolo 30 i genitori possano decidere di tenere i figli a casa, se ritengono persistente il rischio di contagio a scuola.
Gli studenti, ad esempio, manifestano numerosi ma le loro richieste non sono concordi:
Al liceo Gian Battista Vico di Napoli gli studenti prima di occupare si sono sottoposti a tampone rapido e assicurano che utilizzeranno il più possibile gli spazi aperti rispettando le norme anti Covid.
I Rappresentanti di Istituto delle scuole superiori della Provincia di Modena nel loro comunicato affermano: “con l’intento e l’obiettivo comune di contribuire a garantire il diritto alla salute all’intera popolazione e in virtù dei sondaggi che presentano una percentuale superiore al 80% di studenti che non si sentono sicuri a rientrare in presenza, chiedono …l’introduzione della possibilità di seguire le lezioni teoriche in DAD anche quando l’orario scolastico prevede che le stesse siano da svolgere in presenza”.
Un Governatore di Regione, andando contro corrente, e dichiara che “La Regione intende continuare a dare la possibilità agli studenti delle scuole pugliesi di ogni ordine e grado (dalle elementari alle superiori), e alle loro famiglie, di scegliere la didattica a distanza … la scuola non è un posto sicuro come non è un posto sicuro qualsiasi luogo dove si sta seduti per ore nella stessa stanza… L’idea che durante una pandemia, in stato di emergenza, le famiglie debbano essere obbligate a mandare i figli a scuola in presenza è incostituzionale: un genitore deve avere la possibilità di stabilire se correre il rischio del contagio da presenza o tenere i figli a casa”.
Quest’ultima disposizione regionale è particolarmente significativa in quanto a differenza di altre scelte politiche, culturali e organizzative, non tende a restringere i diritti costituzionali a causa della pandemia, ma in nome del rischio di contagio ne amplia l’applicazione pratica.
Chiama in causa la responsabilità primaria dei genitori nell’educare e istruire i figli (art.30); puntualizza che, come afferma la Costituzione; “la scuola è aperta, ma è l’istruzione ad essere obbligatoria” (art. 34). Ne consegue a livello logico e giuridico che il servizio scolastico deve rimanere a disposizione di studenti e famiglie, come dire deve restare un’opportunità che la comunità nazionale assicura ai propri cittadini. Non può diventare una costrizione, ancor di più oggi in tempi di pandemia, visto che da sempre le famiglie possono scegliere l’istruzione parentale a casa, evitando di mandare i figli a scuola.
Come potrebbe essere obbligatoria la frequenza quando le garanzie sanitarie contro il contagio, invece di essere assicurate dagli istituti scolastici, come accade in ogni altro ufficio pubblico, viene scaricata soprattutto sulle spalle di circa venti milioni di genitori, tenuti a misurare quotidianamente la febbre ai propri figli e ad affidarsi ciecamente alla rigorosa precisione di milioni di termometri e di colleghi? Fortunatamente molti sono gli istituti che si sono attrezzati con skanner e molti gli operatori che si sono sottoposti ai tamponi gratuiti.
Come non riconoscere che la facoltatività della frequenza potrebbe, a sua volta evitare più facilmente gli assembramenti, ed attenuare i casi di classe pollaio? Invece di ricorrere, come si sta facendo, a disposizioni generali che fanno parti uguali tra situazione disuguali, per cui diventa obbligatorio il 50% o il 70% delle presenza, perché non far leva sulla libertà di scelta delle famiglie e sull’autonomia organizzativa e didattica delle scuole?
Purtroppo nella nostre scuole non si crede ancora nella libertà e nell’autonomia delle persone e delle scuole, protese ad offrire il meglio agli allievi; questo nonostante i principi costituzionali, la legislazione vigente e l’esperienza democratica di settant’anni. Continua a permanere una concezione ottocentesca di una istituzione rigida e uniforme sul modello amministrativo e militare di napoleonica memoria.
L’auspicio di tutti non può essere che il cigno nero del Covid non ci porti solo povertà educative e sociali, ma possa costituire anche un’opportunità per affrontare insieme le gravi carenze culturali ed organizzative che già prima portavano la nostra scuola ad risultare tra le ultime dei Paesi avanzati.
Giuseppe Richiedei
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