Nessuno vuole negare che i problemi della scuola siano tanti e di non facile soluzione, ma non si comprende come essi emergano sempre nello stesso periodo dell’anno scolastico e si… “dissolvano" dopo alcuni giorni per poi ripresentarsi esattamente come prima l’anno successivo. Non è la protesta, comunque, che si mette in discussione, che può avere una sua validità se è veramente fondata, ma i termini nei quali essa è condotta. Risulta spiacevole, infatti, che parecchi ragazzi che avallano l’occupazione o l’autogestione dell’istituto, condotta per lo più da pochi che svolgono il ruolo di promotori, hanno una informazione scarsa delle motivazioni reali della contestazione. Non dà un’immagine di serietà, inoltre, il disinteresse di parecchi, che rimangono mentalmente assenti dalle iniziative che i più impegnati propongono in alternativa alle lezioni curricolari; non depone, infine, a favore della serietà della protesta l’assenza fisica di altri ragazzi che approfittano della situazione per dormire qualche ora in più al mattino.
I motivi degli scioperi che da alcuni giorni si susseguono un po’ ovunque nelle scuole superiori dal Nord al Sud sono quelli molto seri e, purtroppo, ormai annosi, della parità tra scuola pubblica e scuola privata. Sono stati stanziati per la scuola 340 miliardi, sull’utilizzo dei quali il Parlamento si è diviso in due fronti, quello a favore della scuola pubblica e quello pluralista che ritiene opportuno dare finanziamenti anche alle scuole private, che in maggioranza sono di matrice cattolica.
Si lasciano ai lettori le riflessioni su questa scottante tematica di attualità, ma si ritiene giusto puntualizzare che, al di là delle ideologie e dei colori politici, il diritto allo studio va effettivamente garantito a tutti i cittadini, abbienti e meno abbienti, offrendo una qualità del servizio migliore di quella attuale, sia a livello di strutture e di sussidi didattici, sia a livello di offerta formativa. Il rispetto di tale garanzia non può essere demagogicamente soltanto proclamato, né può venire assicurato senza adeguati investimenti continui sulla riqualificazione del personale e sul miglioramento delle strutture. Fare, quindi, un po’ di conti forse non guasterebbe.
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