
Il Garante per la protezione dei dati personali si è più volte occupato di trattamento dei dati in ambito scolastico.
Un recente provvedimento [doc. web n. 10099098] ha riguardato un reclamo sull’utilizzo di immagini Instagram da parte di un Liceo di Roma per sanzionare una studentessa coinvolta nell’occupazione scolastica. L’istituto si è difeso sostenendo che l’identificazione degli studenti era necessaria per adempiere a obblighi legali e che la diffusione delle immagini è stata limitata.
Il Garante privacy ha ritenuto lecito l’operato del liceo, archiviando il procedimento in quanto il trattamento dei dati è risultato giustificato dall’interesse pubblico e dall’adempimento di obblighi legali, senza riscontrare violazioni significative della normativa sulla privacy.
Le principali motivazioni del reclamo
Le principali motivazioni del reclamo presentato all’Autorità Garante dai genitori riguardavano la sanzione disciplinare inflitta alla loro figlia, alunna del Liceo romano, in relazione all’illecita occupazione dell’edificio scolastico.
In particolare, il reclamo lamentava che la scuola, al fine di procedere disciplinarmente nei confronti della studentessa, avrebbe utilizzato nove immagini che la ritraevano all’interno dei locali scolastici, scattate e pubblicate sul social network Instagram da sconosciuti.
Successivamente, nel ricorso presentato all’Organo di Garanzia Interno dell’Istituto Scolastico, il legale della studentessa inserì tra i motivi di ricorso anche quello relativo a una presunta illegittimità della modalità di riconoscimento della studentessa da parte dell’Istituzione scolastica. Secondo il legale, il trattamento dei dati personali non era avvenuto nel rispetto della normativa applicabile in materia di protezione dei dati personali, soprattutto in riferimento a una presunta illecita diffusione tra i genitori degli studenti coinvolti.
Tuttavia, l’Istituto ha precisato che, contrariamente a quanto affermato nel reclamo, l’Istituzione Scolastica era venuta in possesso di una sola fotografia ritraente la studentessa.
La sanzione disciplinare irrogata alla studentessa
Alla studentessa è stata irrogata una sanzione disciplinare molto lieve, consistente in tre giorni di sospensione convertiti in tre giorni di lavori socialmente utili, nonché la sanzione al risarcimento dei danni pro quota in €. 406,66. Questa sanzione è stata decisa dal Consiglio d’Istituto, costituito in composizione disciplinare, che pur accertando la responsabilità della studentessa in relazione all’illecita occupazione, ha riconosciuto un suo limitato apporto nelle modalità di occupazione poste in essere. Contro questa sanzione è stato proposto ricorso.
La difesa presentata dall’Istituto scolastico
La difesa presentata dall’Istituto scolastico si è basata su diversi punti chiave per giustificare il proprio operato.
Innanzitutto, l’Istituto ha spiegato che l’identificazione degli studenti occupanti è avvenuta sia attraverso il riconoscimento visivo da parte di docenti e collaboratori scolastici sia mediante l’esame di fotografie apparse su un account Instagram creato dagli studenti stessi. L’assistente tecnico aveva inoltrato alla Dirigente Scolastica tramite WhatsApp le immagini trovate sui social network, tra cui una fotografia della studentessa.
L’Istituto ha sottolineato di essere venuto in possesso di una sola fotografia ritraente la ragazza, contrariamente a quanto affermato nel reclamo iniziale. L’utilizzo di questa fotografia è stato considerato l’unico modo ovvio e necessario per identificare la studentessa e permettere al Consiglio d’Istituto in composizione disciplinare di celebrare il procedimento disciplinare nei suoi confronti.
La Dirigente Scolastica ha agito in ottemperanza a diversi obblighi legali:
- Identificare gli occupanti ai fini del procedimento disciplinare
- Segnalare i reati commessi durante l’occupazione (interruzione di pubblico servizio, violenza privata, danni e furti) alle autorità competenti
- Adempiere alle disposizioni del Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio che richiedevano l’identificazione degli autori dei danni per il risarcimento.
L’Istituto ha negato di aver posto in essere alcuna attività di diffusione illecita dell’immagine della studentessa. Il fascicolo disciplinare, contenente il nominativo dell’incolpata e gli elementi identificativi (inclusa la fotografia), è stato inviato unicamente all’Organo Disciplinare competente (il Consiglio di Istituto in composizione disciplinare) e all’Organo di Garanzia Interno. Questa è stata considerata una dovuta “comunicazione” per gli adempimenti disciplinari, non una “diffusione” immotivata. Il fascicolo disciplinare era protetto da protocollo riservato e accessibile solo agli aventi diritto.
L’Istituto ha evidenziato che il trattamento dei dati personali era lecito in quanto necessario per adempiere un obbligo legale e per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri.
Inoltre, l’Istituto ha fatto notare che la studentessa non ha mai contestato la circostanza di un presunto illecito utilizzo del dato personale di immagine, ma ha sempre affermato la sua estraneità ai fatti per altri motivi. Anche il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) ha respinto il ricorso dei genitori, inclusa la doglianza relativa alla presunta illegittimità del trattamento dei dati personali.
Infine, l’Istituto ha precisato che la pubblicazione delle fotografie era avvenuta sull’account Instagram creato dagli stessi studenti occupanti e che la studentessa era consapevole di essere stata ritratta e di aver dato l’autorizzazione a postare le foto.
Il Garante ha respinto il ricorso dei genitori della ragazza e ha ritenuto lecito il trattamento dei dati adottato dalla scuola.