Ha avuto inizio la stagione delle occupazioni. Il primo è un liceo di Roma dove stamattina, mercoledì 6 novembre, gli studenti hanno preso possesso dell’edificio. La decisione è stata motivata con un comunicato diffuso alle 7:30, in cui i ragazzi dichiarano di opporsi a un sistema politico e scolastico che considerano “nemico” della loro generazione e responsabile di “guerra, genocidio e miseria” a livello globale.
Secondo quanto riportato dal Corriere, gli studenti hanno chiarito che l’occupazione non è un attacco diretto alla dirigenza dell’istituto, come in passato, ma una protesta rivolta a questioni più ampie. Anzi, riconoscono un miglioramento nel dialogo tra studenti e dirigenza e vedono in questo gesto un’occasione per riaccendere l’impegno collettivo all’interno della scuola. “Vogliamo che il nostro liceo torni ad essere un luogo vivo,” spiegano, “una fiamma accesa da chi lo vive ogni giorno.”
I ragazzi denunciano un sistema scolastico che vedono ridotto a “mera istituzione” finalizzata all’inserimento nel mondo del lavoro. Criticano le riforme degli ultimi decenni, che percepiscono come limitanti e indirizzate a un apprendimento nozionistico e sterile. Citano, in particolare, il Ddl 1660, contestando un concetto di sicurezza interpretato come repressione. “La scuola è ormai un luogo dove l’obiettivo principale è l’individualismo,” scrivono, “mentre manca un vero spazio per la crescita del pensiero critico.”
L’occupazione è anche un atto di denuncia contro i tagli ai fondi scolastici, ritenuti incompatibili con il ruolo della scuola e in contrasto con i principi di partecipazione e solidarietà. Gli studenti esprimono indignazione per il ridimensionamento del concetto di “politica” come partecipazione civica, ridotta invece a una dimensione marginale o stigmatizzata. “Occupiamo nel nome della partecipazione vera alla vita della comunità,” affermano, “che le classi dirigenti stanno negando.”
Gli studenti concludono invitando tutti, anche chi è al di fuori della comunità scolastica, a unirsi alla loro lotta e a condividere il loro gesto per dar voce alle istanze comuni.
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