Le occupazioni delle scuole? Un modo per riappropriarsi degli spazi di appartenenza e per creare dibattiti: così dicono gli studenti, nonostante il timore che possa scattare un voto basso in condotta che pregiudica l’anno scolastico.
“Un atto deprecabile che va estirpato”, considerato pure che quello delle occupazioni è un fenomeno solo italiano, dicono quelli dell’Associazione dei presidi. Ma come solo italiano è, dicono altri e in tanti, il fenomeno del precariato dei prof, la fatiscenza delle aule, le classi pollaio, gli accorpamenti, le centellinate borse di studio.
In ogni caso, le considerazioni dei dirigenti o la paura di perdere l’anno per la condotta, non sembra siano sufficienti a fermare le occupazioni degli istituti superiori, che sono cominciate su impulso, oltre che delle reti studentesche, anche delle opposizione alle politiche del governo Meloni “che- spiega Opposizione studentesca d’alternativa- puntano a limitare la possibilità di manifestare il pensiero, come con il Dl sicurezza e la riforma del voto in condotta”
Ma c’è anche, nella piattaforma rivendicativa dei giovani contestatori, “il supporto al popolo palestinese che si è evoluto nella richiesta di porre fine al genocidio a Gaza e di condanna nei confronti di Israele che viola il diritto internazionale”.
E intanto spiega un altro studente di un liceo di Roma, come riferisce il Domani: “la nostra occupazione è soprattutto politica. Parte di un percorso che stiamo costruendo per dimostrare la nostra contrarietà alle azioni del governo e al modello di scuola vigente: contro l’alternanza scuola-lavoro, la riforma del voto in condotta, un’istruzione che privilegia il merito invece del contrasto alle disuguaglianze. Contro la riforma degli istituti tecnici e professionali che formano studenti come manodopera per le aziende più che come menti critiche”.
E ancora, un giovane napoletano spiega: “Abbiamo occupato il 26 novembre. Con il supporto di tutti gli studenti, la decisione è stata presa in assemblea. Il nostro obiettivo è quello di informare, politicizzare, sensibilizzare le persone su temi importanti, come le guerre che ci toccano da vicino. Temi che riguardano tutti, perché siamo sulla stessa barca: per questo organizziamo assemblee, conferenze e corsi a cui invitiamo anche gli studenti delle altre scuole”.
Altre motivazioni comunque non mancano: “Abbiamo scritto un documento con le nostre istanze che vanno dalla richiesta di un’aula autogestita, al piano per ristrutturare l’edificio che cade a pezzi. Fino al ripristino della settimana dello studente, giorni di cogestione di alunni e professori che facevamo ogni anno. Che adesso, però, è stata soppressa”
Un altro studente teme il 5 in condotta e quindi la bocciatura, visto che la riforma voluta dal ministro dell’Istruzione e del merito, Valditara, è entrata in vigore, ma non lo teme così tanto dall’esimersi di lottare per le sue idee: “La nostra occupazione è stata molto partecipata perché abbiamo parlato di temi che toccano tutti come l’acqua che cade dal soffitto quando piove o le finestre vecchie da cui entra il freddo”.
E il giovane del coordinamento nazionale del sindacato studentesco Rete degli studenti medi, aggiunge: “non è ancora possibile prevedere gli esiti pratici della riforma del voto in condotta, se quest’anno la stagione delle occupazioni, ad esempio, sarà più leggera rispetto al passato, per la paura degli studenti di esporsi. Certo, il clima di repressione si sente. La scuola di Valditara dà sempre meno spazio alla discussione, alla cittadinanza attiva, all’educazione alla democrazia. Così gli studenti cercano di riappropriassi di un luogo che è anche loro, di fare comunità e politica. Forse è proprio nel momento in cui le voci dei giovani vengono delegittimate che diventa necessario alzare il livello?”.
Rispondono, si legge sempre su Domani, i dirigenti dell’Anp: “non c’è alcun clima di tensione nei confronti dei giovani, è una visione ideologica. Mentre le occupazioni delle scuole sono atti illegali che negano il diritto allo studio e spesso causano danni gravi agli istituti. Un fenomeno deprecabile, praticamente solo italiano, che va estirpato”.
Ma ci sono anche dirigenti che hanno altra visione della scuola e della partecipazione democratica, come la cogestione: “È fondamentale in ogni aspetto della vita. A scuola è condizione necessaria. Nel documento degli studenti prima dell’occupazione, insieme al mio staff abbiamo colto la sete di conoscenza, l’esigenza di comprendere le radici della realtà, il bisogno di rendere funzionale lo studio a quanto vivono tutti i giorni: la necessità di spazi attivi di partecipazione, che abbiamo reputato sacrosanta. Ecco perché abbiamo parlato con loro e siamo arrivati alla cogestione”.
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