Ha lasciato strascichi e polemiche l’occupazione del liceo Virgilio di Roma: gli studenti, dopo essere stati i primi dell’anno ad “impadronirsi” del loro istituto superiore, dopo il crollo parziale di un solaio, hanno concluso loro esperienza con una festa (sembra pagamento, 5 euro di contributo a testa), durante la quale non sarebbero state lesinate birre e sostanze stupefacenti leggere. Su internet ha anche girato, per diverse ore, il video di un rapporto sessuale tra due liceali, poi rivelatosi falso.
Nelle prossime ore, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli incontrerà una rappresentanza di studenti e di docenti che operano nello storico palazzo di via Giulia: la titolare del Miur vuole dare una svolta positiva alla vicenda, favorendo un clima di dialogo nell’istituto per riportarlo alla normalità.
Sulle vicende del Virgilio, abbiamo intervistato Mario Rusconi, vice-presidente nazionale dell’Associazione nazionale presidi e alte professionalità, che è stato dirigente scolastico in due istituti importanti della capitale: il liceo classico Tasso e lo scientifico Newton.
Rusconi, domenica scorsa, durante la trasmissione su Rai Tre “Mezz’ora in più”, ha definito il Virgilio di Roma un liceo che soffre di “patologia dell’occupazione”, accusando gli studenti di andare a caccia di ogni pretesto per bloccare la scuola. Però, dagli anni Settanta l’occupazione scolastica è diventata quasi un ‘rito’ per entrare nell’età adulta: non le sembra di avere esagerato?
Non sono il solo ad oppormi a questa forma di espressione studentesca. Sabino Cassese, personaggio di grande spessore culturale, non certo un reazionario, ha definito l’occupazione scolastica un rito inutile e confuso, che non ha mai portato al raggiungimento dei pur confusi obiettivi proposti. Ricordando che è anche un’attività che si conclude, in genere, con danni consistenti alle strutture occupate.
Le risulta che quasi sempre le occupazioni sono portate avanti da non oltre il 5% degli studenti frequentanti?
Finora non abbiamo mai assistito ad occupazioni votate dalla maggioranza degli studenti interessati. Come suggeriva Churchill i modi di governare sono due: la maggioranza o la clava.
In quali occasioni il dirigente scolastico è tenuto ad informare le forze dell’ordine?
Il preside, in qualità di dirigente dello Stato, ha l’obbligo di informare immediatamente l’autorità giudiziaria dell’interruzione del servizio scolastico e dell’occupazione dell’edificio pubblico di cui è responsabile. Non è un optional, ma, lo ripeto, un obbligo di legge.
Quando dirigeva le scuole, qualche volta ha chiamato i carabinieri: come l’hanno presa i ragazzi?
L’ho fatto per altre faccende. Perché nel mio decennio di preside non ho mai, ripeto mai, subìto un’occupazione, pur avendo gestito scuole del centro di Roma ed orientate a sinistra.
Per impedire un’occupazione, quanto è importante instaurare un dialogo con studenti e famiglie?
È fondamentale. Per questo, con i ragazzi ho sempre dialogato e trovato con loro una formula per andare incontro ai loro bisogni culturali e al desiderio di sperimentare il ‘nuovo’. Questa mia apertura, coniugava la creatività dei giovani con le responsabilità degli adulti che hanno un ruolo attivo nella scuola: quindi, anche i docenti e i genitori degli studenti.
Lei è un fautore della ‘didattica flessibile’, una modalità che, a suo dire, dovrebbe prendere il posto dell’occupazione, ritenuta anacronistica: ci spiega in cosa consiste questo genere di didattica?
La didattica flessibile, detta anche ‘cogestione’, consiste in un periodo, variabile tra i due e i quattro giorni, unico oppure suddiviso in più tempi, ad esempio un giorno al mese. Premesso che le lezioni tradizionali sono sospese, le attività che si svolgono in questi frangenti sono svariate: si creano laboratori, ma anche workshop, su argomenti scelti dagli studenti assieme ai loro docenti. Si proiettano film, documentari, si possono anche girare filmati all’interno della scuola. Ma anche mini-concerti oppure decidere come abbellire le aule. Si potrebbero creare punti di ristoro, magari grazie a prodotti cucinati a casa, con i proventi ricevuti da donare alle istituzioni benefiche.
Quindi, gli studenti avrebbero comunque vasti spazi per agire in autonomia?
Certamente. Ogni studente, potrebbe esprimersi per quello che ritiene più opportuno, mettendo in atto dinamiche, talenti e abilità che in un contesto di lezione ordinaria spesso non emergono.
Ma chi terrebbe le “lezioni” durante la ‘didattica flessibile’?
Si possono invitare ad intervenire politici, attori, scrittori, sindacalisti, giornalisti, docenti universitari, magistrati.
E quali sarebbero i vantaggi rispetto all’occupazione?
Prima di tutto, si svolge tutto in un contesto di regolarità. Perché non vi è possibilità di spacciare stupefacenti, né di distribuire alcol.
E il vantaggio formativo?
Si realizzerebbero senz’altro dei momenti formativi, però ispirati dalla logica di Max Weber: le iniziative attuate all’interno della ‘didattica flessibile’ sarebbero infatti orientate dalla passione, dalla responsabilità e pure dalla lungimiranza. Quella che, non di rado, manca anche agli adulti.
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