In questi giorni su parecchi giornali è apparsa un’immagine che mi ha dato gioia. La fotografia di un gruppo di studenti seduti a terra mentre ascolta un loro coetaneo parlare con un megafono e accanto alla foto l’articolo che racconta degli scioperi in atto in alcune scuole superiori.
A voi ragazzi che eravate lì ad ascoltare e anche a coloro che erano in altre scuole a protestare dico: “Finalmente cari ragazzi vi siete mossi; avete sporto il capino fuori dal guscio ovattato del vostro mondo tecnologico e siete usciti all’aperto. Avete sentito la presenza di un nemico, i vostri prof, e ora siete in agguato, pronti a “combatterli”.
Erano anni che non sentivo la parola sciopero e non vedevo più nessun fermento nelle scuole; mi chiedevo il perché di tanto immobilismo da parte degli studenti e dove fossero andati gli scioperi che si facevano ai miei tempi (anni settanta!!!). In quegli anni scioperare per le strade per noi studenti voleva dire poi occupare le scuole, naturalmente senza il consenso di genitori, insegnanti e presidi.
Ci chiudevamo nelle palestre e formavamo i collettivi nominando un portavoce che in genere era colui che aveva più dialettica e più carisma. Nei nostri lunghi e interminabili discorsi sulle carenze della scuola a volte sorgevano contrasti e litigi, spesso perché le discussioni prendevano una linea politica non condivisa da tutti. Niente cellulare, chi lo conosceva? Quindi nessun contatto con l’esterno, cibo passato dai cancelli da alcuni amici, le notti infilati nei sacchi a pelo e perché no, anche gli amori che per forza dovevano nascere in un luogo frequentato da ragazzi e ragazzi.
E ancora le defezioni di coloro che non reggevano lo stress di giorni (due, mai di più) di occupazione. La ribellione oltre che a portare a una punizione da parte dei nostri genitori, comportava un richiamo generale da parte del preside e un abbassamento del voto di condotta, mai nulla di più. Solo alcuni professori alla fine accettavano di discutere con noi, comprendevano le nostre richieste e ci supportavano.
Pensavamo di poter cambiare il mondo invece il mondo ha cambiato noi, perché tutti i confronti e gli sforzi che abbiamo profuso nel capire la società di allora con tutti i suoi problemi ci hanno fatto crescere, ma lo abbiamo capito negli anni, strada facendo. E ora tocca a voi ragazzi; certamente il mondo in cui vi trovate a vivere non è migliore di quello di allora, anzi, il corollario che vi sta intorno è drammatico: pandemie, guerre, disastri ecologici, minacce atomiche. Ma occorre svegliarsi, prendere atto di queste situazioni, ma soprattutto studiare, nel senso ampio del termine: studiare le problematiche della nostra società e non accettare supinamente tutto ciò che è inutile e fango. Ma soprattutto lottare sempre per non farsi sottomettere e per poter andare avanti. Appunto, non farsi sottomettere; la tecnologia vi aiuta parecchio, ma non deve prevaricare sui vostri sentimenti, sulla voglia di fare anche cose dove la tecnologia non dovrebbe entrare. Bisogna ritornare a guardarsi intorno e a stupirsi!!! Un saluto a tutti i ragazzi che lottano.
Mirella Rigamonti
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