In Italia, occorre incentivare l’assistenza dell’infanzia per le donne impegnate nel mondo del lavoro. A sostenerlo è l’Ocse, nel capitolo dedicato all’Italia del report “Preventing Ageing Unequality”.
L’ASSISTENZA ALL’INFANZIA DEVE ESSERE DI QUALITA’
Nel documento, l’organismo internazionale sottolinea che “un approccio politico globale per l’Italia dovrebbe partire dal fornire una buona e conveniente qualità di assistenza all’infanzia e il miglioramento delle opportunità educative dei bambini appartenenti ai gruppi socioeconomici svantaggiati”.
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico sostiene, quindi, che la possibilità di portare i figli in tenera età, sotto i tre anni, in strutture di accoglienza adeguate e a costi sopportabili, fornirebbe “alle donne la possibilità di partecipare al mercato del lavoro”.
LIMITARE L’IMPATTO DELLA PERDITA DEL LAVORO
Sarebbe auspicabile, concludono, adottare misure “per promuovere un buon inizio della vita lavorativa assicurando una transizione ‘morbida’ dalla scuola al lavoro, limitare l’impatto della perdita del lavoro e combattere la disoccupazione a lungo termine”.
Insomma, il concetto è chiaro: secondo l’Ocse, per tutte le donne con capacità economiche non floride, che non possono contare su una rete parentale e di conoscenze che possa occuparsi dei loro bambini più piccoli, avere un lavoro diventa molto difficile. Se poi i figli piccoli sono più di uno, l’impresa diventa impossibile. Ancora di più in uno stato di disoccupazione italiana generale così marcato come quello degli ultimi anni.