Categorie: Didattica

Ocse: gli alunni italiani conoscono l’algebra ma non sanno applicarla alla realtà

Il nuovo studio Ocse, dedicato ai quindicenni dei Paesi industrializzati alle prese con la matematica, si chiama: “Equations and Inequalities: making Mathematics accessible to All” (Equazioni e ineguaglianze: rendere la matematica accessibile tutti”).
Lo studio, come si legge in un articolo di Scuola24 del Sole 24 Ore, a firma di Flavia Foradini, ha fra l’altro evidenziato che chi ha alle spalle una famiglia con discrete e buone capacità di censo e buon grado d’istruzione, tende ad avere risultati migliori, così come chi ha genitori che amano la matematica è più incline a non perdersi d’animo di fronte a difficoltà nel risolvere un problema.

Togliendo le diseguaglianze sociali si tolgono anche quelle culturali e l’Ocse esorta tutti i Paesi membri a lavorare più a fondo su questo obiettivo: con curricula più efficaci, che applichino le conoscenze matematiche a reali problemi della vita quotidiana e sviluppino pensiero e ragionamento; con più aiuti individuali agli studenti in difficoltà, e con maggiore sostegno ai docenti attivi in gruppi classe caratterizzati da vistose differenze nelle abilità.

Esistono anche altri aspetti che preoccupano gli analisti, perché in un mondo del lavoro che chiede sempre più solide competenze numeriche, il quadro globale lato scuola, indica criticità.

Nella maggior parte dei Paesi studiati, riporta Il Sole 24 Ore, a fronte di un aumento delle ore scolastiche di matematica dal 2003 (3 ore e 19 minuti) al 2012 (3 ore e 32 minuti; in Italia 3 ore e 52), meno del 30% dei quindicenni riesce a raggiungere approfondite conoscenze matematiche e addirittura meno del 50% ha idea di cosa sia un poligono.

Il 31% degli studenti Ocse non ha familiarità con il concetto di media aritmetica, e solo il 21% viene guidato alla comprensione di reali problemi che richiedano ragionamento, come l’analisi di un grafico o dei dati di una tabella.

Rispetto alle conoscenze di algebra, l’Italia risulta leggermente sopra la media Ocse in fatto di familiarità con concetti di geometria e algebra, attestandosi attorno al livello 2 su 4. Ma i nostri ragazzi hanno difficoltà ad applicare alla realtà che li circonda quanto hanno appreso, per esempio desumendo i tempi di percorrenza di un treno da un orario ferroviario. Positivi dunque, dicono gli analisti, gli sforzi italiani nell’àmbito della matematica pura, ma la matematica applicata deve essere un necessario complemento.

 

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A livello Ocse, gli studenti che si confrontano più frequentemente con le equazioni, nei test Pisa registrano fino a 73 punti in più di coloro che sono digiuni dell’argomento: l’equivalente di due interi anni di scuola. E nelle equazioni, i ragazzi più avvantaggiati socio-economicamente tendono a esiti superiori di oltre 20 punti rispetto ai loro compagni con situazioni famigliari disagiate, la qual cosa si traduce per chi è in difficoltà anche in mancanza di fiducia nelle proprie possibilità di riuscita (nel 50% dei casi) e nel conseguente (auto)-declassamento all’apprendimento di soli contenuti di base e più mnemonici.

Il problema risulta particolarmente acuto in Italia e Spagna, sostiene l’Ocse, se si considera il rapporto tra la popolazione immigrata o nata all’estero, e la popolazione autoctona.

L’Ocse chiede da un lato un approccio curriculare mirato anche alla risoluzione di problemi e dall’altro il potenziamento della capacità delle scuole di includere studenti provenienti da altre aeree culturali. Una necessità questa che per l’Italia era già stata indicata nel rapporto Talis del 2013, secondo il quale il 27% dei nostri docenti (contro una media Ocse del 12%) chiedeva una maggiore formazione alle esigenze derivanti dall’evoluzione multietnica della società.

Un ulteriore dato di diseguaglianza viene segnalato dall’Ocse per il nostro Paese: chi frequenta una scuola tecnico-professionale ha una probabilità due volte maggiore rispetto ai liceali, di avere esigua familiarità con la matematica. Una situazione pregna di conseguenze per il futuro lavorativo degli adolescenti, perché, avverte l’Ocse, nonostante la crisi economica globale, nel 2013 la richiesta in àmbito Ue di lavoratori versati nelle materie Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) è stata superiore del 12% a quella dell’anno 2000: gli adulti che nei test numerici superano di 50 punti la media OCSE, hanno il 27% di probabilità in più di ottenere un lavoro e il 55% in più di migliori salari, rispetto a chi ha esiti nella media.

Un dato globale, riporta ancora Il Sole 24 Ore, che emerge dalle 222 pagine del Rapporto, e che dovrebbe far riflettere, e mettere in moto un ripensamento di curricula e libri di testo, è il generale aumento in area Ocse della disaffezione degli studenti per la matematica tra il 2003 e il 2012, Italia compresa.

Redazione

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