In Italia, “l’adeguatezza dei redditi pensionistici potrà essere un problema” per le generazioni future, e “i lavoratori con carriere intermittenti, lavori precari e mal retribuiti sono più vulnerabili al rischio di povertà” durante la vecchiaia”. Lo scrive l’Ocse accusando il ”metodo contributivo” e l’assenza di pensioni sociali. L’Ocse rileva come il metodo di calcolo del sistema contributivo sia “legato strettamente” all’ammontare dei contributi, e lamenta il fatto che “l’Italia non preveda alcuna pensione sociale per attenuare il rischio di povertà degli anziani”.
”Con la riforma globale del sistema pensionistico adottata nel dicembre 2011″ dall’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero, l’Italia ha fatto un passo importante per garantirne la sostenibilità finanziaria”, e in particolare ha ”stabilizzato la spesa sul medio periodo” (2010-2050).
Secondo i calcoli dell’organizzazione, la spesa pensionistica in Italia era al 15,3% del Pil nel 2010, la più onerosa fra tutti i Paesi membri, principalmente per effetto di ”un’eredità del passato”.
Ma grazie alle modifiche apportate dal 2008 in avanti, e in particolare alla riforma del 2011 che ha aumentato l’età pensionabile, scenderà al 14,5% nel 2015 e al 14,4% nel 2020. Nei decenni successivi tornerà a salire, ma sempre restando compresa tra il 15% e il 15,9%. Nonostante l’aumento dell’età pensionabile sancito dalla riforma di fine 2011, ”l’età effettiva alla quale uomini e donne lasciano il lavoro è ancora relativamente bassa in Italia: 61,1 anni per gli uomini e 60,5 per le donne”.
Lo calcola l’Ocse, nel suo rapporto sui sistemi previdenziali.
”Le politiche per promuovere l’occupazione e l’occupabilità e per migliorare la capacità degli individui ad avere carriere più lunghe sono essenziali”, sottolinea l’organizzazione, ricordando che ”l’aumento dell’età pensionabile non è sufficiente per garantire che le persone rimangano sul mercato del lavoro, soprattutto se esistono meccanismi che consentono ai lavoratori di lasciare il mercato del lavoro in anticipo”. In Italia, la partecipazione al mondo del lavoro degli over 55 resta ”relativamente bassa”, al 40,5%, anche se dal 2000 è aumentata di quasi 13 punti percentuali.