Le economie sviluppate, consapevoli che l’educazione precoce è fondamentale per lo sviluppo socio-emotivo del bambino e delle sue capacità cognitive, continuano ad aumentare gli investimenti nell’educazione prescolare
In media, riporta Il Sole 24 Ore, i Paesi Ocse stanziano lo 0,8% del Pil all’educazione e alla cura infantile, mentre l’Ocse con il primo rapporto internazionale dedicato al tema fornisce le statistiche e le politiche per migliorare l’impatto di questi interventi sul lungo periodo.
In pratica nei due terzi dei paesi Ocse oltre il 90% dei bambini di quattro anni e il 70% dei bambini di tre anni frequenta ambienti prescolastici, mentre è in forte crescita anche la “scolarizzazione” dei più piccoli. In più si cerca di garantire la frequenza gratuita
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L’investimento nella formazione prescolare, scrive Il Sole 24 Ore, ha un impatto non solo sulla formazione del carattere e delle competenze sul più lungo periodo, ma è anche un potente fattore di sviluppo della performance scolastica successiva, cosi come risulta anche dalle indagini Pisa, favorendo pure l’inclusione delle loro mamme nel mercato del lavoro. Laddove è più alta la quota di bambini prescolarizzati (in paesi come Danimarca, Olanda, Portogallo, Slovenia, Svizzera), aumenta anche la percentuale di mamme lavoratrici.
Tuttavia questo sforzo pone anche la questione della preparazione degli educatori prescolari. In 27 dei 37 paesi che hanno partecipato alla rilevazione per insegnare è necessaria una laurea universitaria o titolo equivalente (non in Italia).
All’innalzamento del percorso formativo, precisa Il Sole 24 Ore, non ha corrisposto però un adeguamento corrispondente degli stipendi: in media il loro stipendio è pari solo al 74% di quello di un laureato dipendente a tempo pieno. L’Italia è al di sotto della media Ocse: poco più di 30.000 dollari rispetto a 35.600 come stipendio medio annuo per un insegnate con 15 anni di anzianità.
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