L’Ocse nel suo rapporto dal titolo “Politiche efficaci, scuole di successo” che si basa sul metodo con cui il sistema scolastico ha affrontato lo shock della pandemia, ha scritto che la “scuola digitale” è difficile per gli studenti italiani, soprattutto per i ragazzi più svantaggiati.
Tuttavia i dati sulla scuola digitale contenuti nel rapporto mostrano la realtà italiana prima della crisi legata al coronavirus.
E infatti, nel 2018 – indica lo studio che fa parte della serie Pisa, i test internazionali sull’apprendimento – i presidi delle scuole della Penisola hanno riferito che in seconda superiore c’era 1 computer disponibile ogni 2 studenti, cioè mezzo pc a testa, come in Bielorussia, Polonia, Moldavia, Croazia e Perù. La media Ocse è di 0,8 computer per ogni studente e al top svetta il Lussemburgo con 1,6 computer per studente, davanti agli 1,5 di Gran Bretagna e Stati Uniti e agli 1,3 dell’Austria.
La percentuale di pc portatili disponibili era del 28%, con un aumento di 7 punti percentuali rispetto al 2015, contro la media Ocse del 40%.
Tutti o quasi i computer a disposizione degli studenti italiani erano comunque collegati a Internet.
Solo il 60% degli studenti si trovava in scuole il cui dirigente scolastico ha dichiarato che la larghezza di banda o la velocità di internet era sufficiente, con forti disparità tra scuole avvantaggiate e svantaggiate e solo il 46% circa degli studenti si trovava in scuole in cui era disponibile una piattaforma efficace per supportare l’apprendimento online.
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