Categorie: Università e Afam

Ocse: “Stringere i legami con il lavoro”

Pochi laureati e troppi “Neet”. E l’università che non garantisce lavoro attrae poco i giovani italiani che vanno ad ingrossare le fila degli inattivi.

A dirlo con consueta severità è l’Ocse nel rapporto “Education at a glance” che ogni anno mette sotto esame i sistemi scolastici dei 34 Paesi membri.

Il dato che riguarda l’università è paradossale e alla base manca la professionalizzazione dei giovani, anche se – riconosce l’Ocse – «negli ultimi anni l’Italia ha compiuto progressi importanti per creare programmi di istruzione terziaria che preparino gli studenti a un rapido ingresso nel mondo del lavoro», creando gli istituti tecnici superiori e la raccomandazione è di “rafforzare questo tipo di programmi».

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Programmi con scarso appeal, visto che in Italia solo lo 0,2% degli studenti è iscritta a un ciclo terziario breve professionalizzante (questa la dizione tecnica) contro l’11% Ocse. Se si passa alla laurea di primo livello la percentuale italiana si ferma al 28% contro il 36% Ocse. La situazione cambia per la laurea specialistica con un 20% italiano contro il 17% Ocse, indicativo forse del fatto che da noi, comunque, la “triennale non basta”.

Nell’insieme, secondo i calcoli dell’Ocse, solo il 42% dei giovani italiani si iscrive a un programma d’istruzione terziaria (terzultimo posto nell’Ocse) e solo il 34% dovrebbe conseguire un diploma d’istruzione terziaria contro il 50% medio Ocse (penultimo posto davanti al Lussemburgo).

Sul mercato del lavoro, del resto, la laurea ha poco peso.

Nel 2014, solo il 62% dei laureati tra 25 e 34 anni era occupato in Italia, 5 punti in meno rispetto al 2010, il livello più basso nell’Ocse (media 82%). Italia e Repubblica Ceca sono i soli Paesi con un tasso di occupazione dei 25-34enni minore tra i laureati rispetto ai diplomati (63%). L’occupazione è particolarmente bassa tra i laureati di prima generazione: è inferiore di 12 punti rispetto ai laureati con genitori laureati contro la media Ocse di 2 punti. Insomma, in Italia «pesano sempre le reti informali» legate alla famiglia, alle conoscenze, agli amici, alla raccomandazione  per trovare lavoro.

Anche i laureati italiani possono contare su redditi da lavoro più alti rispetto ai lavoratori meno istruiti, ma la laurea “paga” meno rispetto ad altrove: il 143% rispetto al 100% del diploma secondario contro il 160% medio Ocse.

Pasquale Almirante

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