Non arrivano buone notizie dall’ultimo rapporto Ocse che riguarda la scuola italiana: gli studenti italiani imparano troppe nozioni. C’è troppa teoria nella loro preparazione. Continuando così si creeranno solo moltissimi disoccupati.
Il rapporto Getting skills Right dell’Ocse, infatti, vuole far luce sulle competenze degli studenti, analizzando a 360° la loro preparazione. In realtà, la fotografia pubblicata dall’Ocse il 15 dicembre, è solo l’ultimo dei rapporti sull’istruzione italiana, che in questi anni sembra essere entrata in un pericoloso loop.
Gli studenti a scuola, ma anche all’Università, imparano troppe nozioni, mentre le competenze stentano ad affacciarsi. Inoltre, sembra proprio esserci uno scollamento totale verso il mondo del lavoro, motivo che potrebbe portare nei prossimi anni ad un esercito di disoccupati.
Per l’OCSE, la soluzione sarebbe quella di aumentare “l’efficacia dei percorsi di formazione tecnica e professionale“, riducendo contestualmente “la frammentarietà. affinché questi vengano percepiti come opzioni educative di alto livello”.
Il rapporto si sofferma anche sulla persistente differenziazione fra liceo e istruzione tecnica o professionale, differenziazione che si riflette anche sul contesto socio economico: chi proviene da territori svantaggiati pensa di puntare sull’istruzione tecnica o professionale, mentre i compagni di rango socio – economico più elevato scelgono i licei, ignorando del tutto le potenzialità dell’istituto tecnico, visto ancora come istruzione di serie B.
L’Ocse sta monitorando anche l’alternanza scuola lavoro, che al momento non sta garantendo i risultati sperati: secondo l’Ocse, i problemi sono diversi, a cominciare dalla chiarezza della divisione dei compiti, il maggiore coinvolgimento delle imprese nell’accoglienza ai ragazzi, oltre alla già nota questione di molti percorsi non esattamente in linea con l’abito di studi e soprattutto con competenze richieste dal mercato.
Problemi anche dal punto di vista informatico, ovvero nonostante le aziende stiano provando da alcuni anni a spostarsi verso la robotizzazione, in base al piano Industria 4.0, ancora si naviga a vista, con imprenditori non perfettamente consapevoli del processo ma soprattutto, lavoratori ancora poco “pratici” di informatica.
A questo quadro va aggiunto un ulteriore zavorra, non direttamente collegato alla scuola, ovvero la peculiare struttura delle imprese italiane, ancora troppo “familiari”. Struttura che penalizza chi non ha una forte rete relazionale, per lo più dovuta alla famiglia d’origine, da sfruttare subito dopo gli studi.
Ecco perché, non investendo adeguatamente sulle competenze e trovandosi per lo più imprese di questo tipo, si manifesta un forte ritardo di preparazione che porta alla disoccupazione.
Insomma, l’ultimo rapporto Osce non rivela certo scenari sconosciuti, ma prova ad identificare con puntiglio i problemi dell’Italia, che vede l’istruzione ancora molto indietro, perché troppo teorica e poco calibrata sulle esigenze di mercato. Problemi che se non risolti, potranno soltanto creare il prossimo esercito di disoccupati.
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