In questi giorni si fa un gran parlare di rinnovo contrattuale, fermo, come risaputo, all’accordo dello scorso 30 novembre tra la ministra Madia e i sindacati. In quella seduta pre referendaria sembrava che tutto si potesse concludere nell’arco di pochi mesi, per la gioia e l’approvazione dei dipendenti pubblici. Finalmente, questi lavoratori avrebbero potuto incrementare di 85 euro i loro bassi stipendi. Ma non è andata proprio così. Vediamo perché.
Rinnovo ‘pre referendario’ del contratto per gli statali: solo un’operazione di facciata?
In effetti, la tempistica di quell’intesa già faceva trapelare le finalità dell’allora ex premier Renzi. Alla maggior parte dei dipendenti pubblici, infatti, quell’accordo politico con i sindacati appariva inesorabilmente l’ennesima operazione di facciata per convincere gli elettori a votare ‘si’ a quel referendum del 4 dicembre 2016 che ha decretato successivamente le dimissioni del suo maggiore promotore.
Oggi, purtroppo, a distanza di oltre sette mesi da quella intesa i dipendenti pubblici aspettano quel famoso rinnovo del contratto e gli 85 euro di aumento lordo medio. Nel frattempo alcune notizie contrastanti mettono persino in dubbio l’ammontare di quella somma, per la mancanza di risorse economiche da parte del Governo. Intanto, la maggioranza con a capo Gentiloni si occupa di altro, forse preoccupato di approvare con priorità le riforme già ipotizzate da una sinistra che ha da tempo modificato persino le sue rotte.
I docenti trasferiti al centro nord chiedono maggiore considerazione: “Con i nostri stipendi non possiamo vivere dignitosamente”
Noi pensiamo invece a quei docenti che sono stati assunti con la Legge 107/15 attraverso le fasi B e C. Quei lavoratori ancora una volta dovranno lavorare il prossimo anno nelle regioni d’Italia del centro nord. I loro stipendi non bastano neanche a coprire le semplici spese mensili (affitto e utenze) e gli emolumenti risultano assolutamente insufficienti per vivere dignitosamente.
Riteniamo opportuno, quindi, che ci sia una svolta su questo versante e che la classe politica crei le condizioni adeguate affinché i suddetti lavoratori possano permettersi di affrontare con dignità e serenità la propria condizione di lavoratore nei ruoli dello Stato, condizionati a scegliere una destinazione diversa dalla loro provincia di residenza.
Aumentare gli stipendi degli insegnanti ‘deportati’ dall’algoritmo ministeriale
Non sarebbe forse giusto e più equo aumentare gli stipendi di questi lavoratori? Invece, il Governo si ostina a stanziare ingenti somme di denaro per iniziative di scarso interesse, come per esempio le Scuole aperte anche in estate. Questa iniziativa è stata in parte ‘snobbata’ (si parla di un’adesione inferiore o pari al 50%) dagli organi dirigenziali delle scuole, dagli insegnanti e dalle stesse famiglie. Il risultato è stato lo storno di quelle somme. Intanto gli statali ancora aspettano il rinnovo del loro contratto con l’aumento stipendiale.
Alla luce di queste considerazioni, infine, si chiede urgentemente alla ministra Valeria Fedeli una riorganizzazione delle priorità in ambito scolastico e la predisposizione di un Decreto Legge urgentissimo che dia slancio e vitalità ai lavoratori assunti nel 2015 e trasferiti dall’algoritmo ministeriale nelle regioni d’Italia del centro nord attraverso la Legge 107/15.
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