Oggi, 12 ottobre, ricorre l’anniversario della nascita di Eugenio Montale, fra i maggiori poeti italiani e premio Nobel per la letteratura nel 1975. Il 12, tuttavia nella sua lunga esistenza, sembra essere un numero ricorrente: muore infatti il 12 settembre 1981, all’età di 84 anni.
A ricordarlo è Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, oltre che per la sua eredità artistica, anche per il suo rifiuto nei confronti dei regimi liberticidi.
Fu infatti tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti (1° maggio 1925), capì e diffuse il pensiero di Gandhi, definendolo il leader del movimento per la libertà e l’indipendenza dell’India, “Grande indiano e al tempo stesso grande assertore dei valori della civiltà occidentale”; aiutò Umberto Saba a sfuggire agli arresti durante le persecuzioni razziali fasciste.
a Firenze, vinse il Premio Nobel per la letteratura nel 1975.
Un uomo schivo, ma grande interprete della realtà contemporanea, franco e “scomodo”, molto lontano da qualsiasi cliché, l’ironia, che era un tratto distintivo del suo carattere.
Soprattutto nell’ultima produzione, il poeta raggiunge l’apice della sua osservazione malinconica e nel contempo sorniona della realtà. D’altra parte non ci si potrebbe aspettare niente di diverso da un autore che smitizza e nel contempo sublima amore e morte in tante poesie.
Montale affronta tematiche pericolosissime, perché fortemente a rischio “retorica”, senza mai scivolare nel patetico sentimentalismo o nella freddezza, mentre rappresenta sensazioni, deliri, angosce e speranze di un uomo privato della propria libertà e tenuto segregato in un luogo di detenzione, pur nella delirante drammaticità serba sempre un’eco dell’ironia peculiare del poeta.
Il CNDDU invita i docenti delle aree umanistiche a proporre contributi relativi alla figura di Montale proprio partendo dalle poesie meno note eppure riconducibili ai diritti civili.
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