Oggi sabato 12 ottobre a Roma, docenti e studenti scenderanno in piazza per protestare contro le tante difficoltà, i ritardi, le mancanze che tormentano il mondo della scuola, ma non da ora.
“Un’altra scuola è possibile”: questo il titolo della manifestazione nazionale che alle ore 15.00 partirà presso piazza Esquilino.
È una protesta per chiedere al governo di intervenire soprattutto per risolvere una delle problematiche più pesanti e ingarbugliate che li riguarda, vale a dire la stabilizzazione dei precari che in Italia è faccenda antica, storica e mai risolta con le dovute attenzioni e risoluzioni.
Mai nessuno, dei tanti ministri che si sono succeduti, pur promettendo, è riuscito a scalfire questo macigno che incombe sulla scuola italiana, contrariamente agli altri paesi.
Ed è tanto vera questa affermazione che perfino la Corte di giustizia europea, ha sanzionato l’Italia per l’eccessivo ricorso all’istituto della supplenza e dunque ai contratti a tempo determinato.
Sembra dunque che tenere i circa 140mila insegnanti precari, secondo i dati forniti dal Ministero dell’Istruzione, in questa sorta di limbo convenga alle casse dello stato, perché oltre a non essere prevista alcuna progressione salariale basata sui precedenti periodi di servizio, alla fine dell’anno scolastico vengono regolarmente licenziati, senza neanche un grazie per il disturbo.
Tuttavia, neanche i prof a tempo indeterminato hanno trattamento migliore, considerato che i loro stipendi, ma solo in rapporto alla Germania e ad altri pochi stati Ue, sono alquanto bassi e in ogni caso non in linea con la media europea.
Alto motivo di protesta riguarda l’età media dei prof che in Italia raggiunge oltre i 50 anni, rispetto alla media OCSE che si attesta a 41, prendendo in esame la scuola secondaria di II grado.
Da qui pure la richiesta di allargare le maglie della accessibilità ai corsi di abilitazione e più trasparenza nei processi di reclutamento, considerato che graduatorie consolidate sono state alla fine soppiantate da altre.
Infatti, il nuovo sistema di assunzioni, prevede, come è noto, una formazione iniziale abilitante per un totale di 60 crediti, nelle discipline antropo-psico-pedagogiche, nonché nelle metodologie e tecnologie didattiche e linguistiche, con alcune differenze tra la fase transitoria e la fase a regime, mentre sono cresciuti i costi per partecipare a tali percorsi con una spesa esorbitante fino a 2.500 euro, totalmente a carico dell’aspirante docente.
Tuttavia, senza tali percorsi di formazione, non si potrà accedere ai nuovi concorsi, che dovranno essere svolti anche da chi è risultato vincitore dei concorsi banditi con il PNRR.
Come si vede dunque i motivi per scendere in piazza ci sono tutti e sembra come se il ministero, ma non solo questo, voglia creare ostali al reclutamento e alla formazione di nuovi prof, imponendo cifre alte per entrare nel mondo della scuola e lasciando migliaia di giovani in anticamera, nel precariato che umilia e deprime, prima di un ingresso ufficiale a scuola.
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