Oggi, 21 febbraio, si celebrare la Giornata internazionale della Lingua madre che si commemora ogni anno, da quando è stata istituita dall’Unesco nel 1999.
La giornata, istituita per promuovere le diversità linguistiche e il multilinguismo, viene celebrata il 21 febbraio in tutto il mondo per ricordare un assassinio, risalente appunto al 1952,allorchè quattro studenti bengalesi di Dacca, allora nel Pakistan orientale, furono uccisi dalla polizia perché rivendicavano l’ufficialità della loro lingua.
Ma la ricorrenza è ancora più significativa se si riflette sul fatto che ogni due settimane una lingua scompare, portando con sé un intero patrimonio culturale e intellettuale.
Infatti, delle circa 7.168 lingueparlate oggi nel mondo, almeno la metà si estinguerà entro il 2100 e per questo l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato per il periodo 2022-2032 il Decennio internazionale delle lingue indigene per impegnare le Nazioni alla conservazione, rivitalizzazione e promozione delle lingue indigene, in via appunto di scomparsa definitiva.
E proprio oggi a Roma, per l’occasione, si terrà un festival organizzato dalla sezione italiana dell’AIIC, Associazione internazionale degli interpreti di conferenza, per porre al centro dell’attenzione l’italiano come lingua madre e come l’elemento che unifica la comunità dei parlanti, e come “risorsa di pari dignità rispetto al patrimonio artistico, paesaggistico, culturale e gastronomico.
In ogni caso , specifica la linguista Valeria Della Valle all’AdnKronos, “La lingua italiana gode di buona salute “si arricchisce continuamente e forma nuove parole” ma questo non vuol dire che gli italiani “la conoscano bene. Spesso hanno perso, purtroppo, il contatto con il nostro idioma e lo usano senza conoscerne le regole”.
Ciò vuol dire, sottolinea la linguista, che “lo studio della lingua italiana non è più al centro dell’insegnamento. Bisognerebbe quindi incrementare la conoscenza dell’italiano attraverso la scuola. E mi riferisco non solo ai nostri connazionali, ma anche ai nuovi cittadini che arrivano da altri Paesi e che sono tanti”.
Altri pericoli verrebbero, dice Della Valle, “non certamente dall’uso di singole parole straniere ma dall’offerta di interi corsi universitari che vengono impartiti in alcuni atenei solo e unicamente in inglese”.
E infine la prof ricorda il linguista Luca Serianni, morto nel luglio del 2022, dicendo “che prima di tutto era un amico, un compagno di università. Abbiamo lavorato forse per 40 anni nella stessa stanza. Penso che nessuno come lui unisse all’altissimo livello culturale le doti umane di generosità e una dedizione totale a quella che era la sua missione, ovvero l’insegnamento. Il ricordo che ho di Serianni è legato al suo impegno certamente nella ricerca scientifica, nella saggistica e nell’università. Ma davanti a tutto metterei quello che ha fatto per la scuola. Non mi riferisco solo alla sua dottrina e alla sua scienza ma al suo impegno civile e umano per la scuola. Credo che questo impegno, tra le tante eredità che ci ha lasciato, sia davvero un lascito importantissimo”.
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