I decreti delegati e gli organi collegiali dell’Istruzione pubblica compiono 50 anni: all’interno di una scuola sempre più autonoma e dimensionata, che ruolo sta assumendo il Collegio dei docenti? Lo abbiamo chiesto ad Enrico Panini, per 11 anni segretario generale Flc-Cgil, fino al 2008, poi in Confederazione, quindi a Napoli nella Giunta comunale condotta da Luigi De Magistris.
Panini, ritiene che il ruolo del Collegio dei docenti continui ad essere centrale?
Come ho affermato durante il convegno della Cgil nazionale – ha detto ai microfoni della Tecnica della Scuola – questo organismo scolastico ha un ruolo fondamentale, però dobbiamo essere chiari: oggi non vedo lo spazio per il Parlamento di intervenire dentro ad una ipotesi riforma della democrazia nella scuola, perché le linee dell’attuale ministro non fanno che peggiorare quel fronte. Quindi, non c’è uno spazio di riforma di carattere politico. Occorre però intervenire con una consapevolezza: l’attuale dimensionamento degli istituti scolastici fa sì che le sedi decisionali siano ridotte sostanzialmente a sedi passive di approvazione, con ciò mettendo in discussione la cooperazione fra di insegnanti e il lavoro collegiale.
Qual è la proposta che ha formulato all’attenzione dei presenti e degli organi dirigenti della Cgil?
Per certi aspetti credo che si possa intervenire su quelle che sono le fasi preparatorie delle decisioni del collegio dei docenti, in modo tale che un collegio dei docenti che spesso è formato da 150, 200 o addirittura 250 insegnanti diventi un organismo più democratico: lo si fa però solo realizzando una discussione democratica in precedenza al Collegio stesso. Ciò consentirebbe di costruire il consenso alla condivisione e di rilanciare un’idea di collegialità.
Diventa quindi fondamentale in questo contesto ancora di più il ruolo attivo e propositivo del dirigente scolastico?
La funzione del dirigente scolastico, in un momento nel quale l’assetto ordinamentale della scuola italiana, con il dimensionamento, è profondamente cambiato sta assumendo una dimensione sempre più di carattere amministrativo che perde una competenza ed un riferimento sul carattere del coordinamento didattico e la dimensione sociale del rapporto con gli insegnanti. Noi però abbiamo bisogno di recuperare questa funzione.
Come?
Da questo punto di vista, io credo che il collegio dei docenti debba sempre contrattualmente essere chiamato a definire figure di carattere didattico di supporto all’attività del dirigente scolastico: o riprendiamo in mano una riflessione sull’insieme dell’assetto scolastico oppure il rischio è che i fatti determinino decisioni e comportamenti e un nuovo assetto che non è condiviso. E questo è il risultato di quanto sta accadendo sul versante economico: si riducono gli alunni, si allargano le scuole, ma ciò che va in discussione è la collegialità da un lato e dall’altro la capacità di rapporto fra scuola e territorio.
Il suo messaggio agli insegnanti appare chiaro: siate attivi, propositivi, non subite passivamente le decisioni all’interno delle scuole. Perché?
Penso che oggi gli insegnanti abbiano un ruolo ancora maggiore di quello che potevano avere anni fa: si potrebbe dire che non ci sono più le stagioni di una volta, ma non diciamo dicerie da bar. Perché in realtà, in un quadro dove gli elementi della tenuta del nostro sistema complessivo a partire dal fatto che poche ore fa è stato approvato un progetto disgregazione dell’unità del nostro Paese, quale è l’autonomia differenziata, un processo in realtà di secessione, oggi più che mai i docenti sono diventati il perno costituzionale fondamentale sul versante dei diritti e della dimensione della cittadinanza.
Quindi?
Na guardi, partiamo dall’articolo 3 della Costituzione: è fatto obbligo alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli. Su questo punto, gli insegnanti a scuola hanno una funzione essenziale, che deve essere riconosciuta fino in fondo: non vedo nel quadro attuale le condizioni che ciò possa avvenire, ma io penso che la lotta degli insegnanti abbia dimostrato come in questi decenni abbiano la testa dura ovvero le condizioni per poter affermare le loro ragioni fino in fondo.