Mai come oggi la Scuola e l’Università sono state trasformate, attraverso le ultime riforme, in luoghi di indottrinamento di competenze per consumatori devoti alle leggi del mercato. A dirlo alla Tecnica della Scuola è Tiziana Drago, ricercatrice di Letteratura Greca all’Università di Bari.
Intervistata e margine del convegno “Aprire le porte: creazione sociale e pedagogia del mercato. Per una scuola e un’università inclusive, ecologiche e cooperative”, durante il quale si sono affrontati i tanti nodi mai sciolti della Legge 107, alla luce dell’Appello per la scuola pubblica redatto da un folto gruppo di insegnanti e sottoscritto da oltre diecimila cittadini, la dottoressa Drago ha spiegato i motivi dell’importanza dell’appello rivolto inviato al presidente della Repubblica e ai presidenti uscenti di Camera e Senato.
“Le politiche di Governo da un ventennio a questa parte hanno reciso il filo della condivisione dei saperi, delle passioni e della memoria, riducendo la possibilità di accesso all’istruzione”.
Ma anche “trasformando scuole e università da territori di costruzione di cittadinanza a luoghi di indottrinamento di competenze per consumatori e produttori economici. Quindi, oggi le ragioni della moratoria della Legge 107, la cosiddetta Buona Scuola, incrociano le ragioni di chi, ad otto anni dall’approvazione della Legge Gelmini (la L. 240/2010 sulla riorganizzazione del sistema universitario ndr) non si è ancora arreso alla misera aziendalizzazione di scuole e università, alla burocratizzazione del lavoro di ricerca. E nemmeno ad una ristrettezza di vedute, che ha imbrigliato e ingabbiato i saperi e la conoscenza in competenze ad uso dei consumatori economici”.
Questo significa che c’è un filo che lega la Buona Scuola con la legge Gelmini? “Indubbiamente – replica la ricercatrice pugliese -: tutte queste politiche hanno trasformato la scuola e l’università in aziende. C’è dietro un paradigma neo-liberale, di educazione all’obbedienza e alle leggi del mercato: proprio questo paradigma occorre sconfiggere, rompendo la tenaglia di lotte puramente legate a questioni salariali o, diciamo, lotte corporative”.
Nella visione della Drago, quindi, tutto il settore della Conoscenza italiana – composto dalla Scuola, dall’Università e dalla Ricerca, che non a caso fanno parte dello stesso Ministero – dovrebbe fare fronte comune, piuttosto che spendersi e consumare energie per la difesa del proprio territorio e dei propri lavoratori. Lotte, nella visione della professoressa di Greco antico, del tutto inutili per contrastare il vero pericolo.
“La scuola e l’università sono percorse da lotte corporative, penso che bisogna, invece, bisogna recuperare il senso di una battaglia complessiva che recuperi proprio il senso ultimo del sapere. Che – conclude Drago – non è certo quello del mercato”.
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