A Ravenna oggi, 8 settembre, si celebra il ricordo di Dante nel 703° Annuale della morte, avvenuta in questa città nel 1321, dove si era rifugiato in esilio, lasciando la città natale, Firenze.
“Ingrata patria, non avrai le mie ossa”, anche per lui valgono le parole che Scipione l’Africano pronunciò abbandonando Roma e ne aveva ben diritto, pur amando la sua città di quel sacro amore di cui solo gli artisti sono capaci, i poeti, i conoscitori dell’animo umano, come appunto lo era Dante Alighieri.
Certamente uno dei più grandi poeti che l’umanità ha saputo regalare al mondo, così come anche il famoso poeta tedesco Wolfgang von Goethe scriveva. Ma anche Borges e tutti coloro che in qualche modo hanno avuto a che fare con la letteratura. Anche per questo Dante può essere considerato un ‘autore universale’, perché non ha parlato solo alla propria generazione ma all’umanità intera, sia in politica, sia nell’arte.
Le sue tracce, come quella Lingua italiana che andava cercando, le troviamo dovunque nel mondo, associando il suo nome all’Italia e a Firenze che gli diede i natali nel 1265 tra il 13 e il 14 giugno.
E dove conobbe Beatrice, più che donna reale, l’idea della ispirazione artistica, della poesia, della perfezione mortale, la donna per eccellenza, colei che solo a lui, parafrasando Petrarca, “par donna”.
Nei giorni scorsi al teatro Alighieri, a Ravenna, con la lectio magistralis di Aldo Cazzullo dal titolo: Da Virgilio a Dante: nascita di una patria, si è ulteriormente allargata la divulgazione dell’opera del Padre della lingua italiana.
Di grande suggestione all’interno della Tomba di Dante la Cerimonia dell’Olio, la tradizionale offerta al sepolcro del poeta da parte del Comune di Firenze, per rappresentare concretamente l’unione delle due città nel commosso ricordo di Dante, un evento che si tiene a partire dal 1908.
Commemorando Dante, oggi, commemoriamo la nostra identità nazionale e l’idea stessa di cultura.
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