Ok dal Consiglio dei Ministri al disegno di legge sulla riforma universitaria
E’ stato approvato dal Consiglio dei Ministro il testo del disegno di legge sulla riforma universitaria. Lo ha annunciato il titolare del Dicastero di Viale Trastevere, Mariastella Gelmini che vede nel rinnovato sistema universitario italiano quindi un futuro di rinascita culturale e di riscatto sociale.
Tre sono i principali punti del ddl: fondi alle università virtuose, valutazione dei professori da parte degli studenti e la fine della figura del ricercatore a vita.
Il nucleo di valutazione dei vari atenei sarà formato da membri esterni all’università e non più da docenti interni. E alle università che gestiranno le loro risorse in maniera non trasparente saranno ridotti i finanziamenti del ministero che finiranno invece nelle casse degli atenei virtuosi.
La valutazione dei professori da parte degli studenti sarà poi determinante per l’attribuzione dei fondi alle università. Fondi che buona parte arriveranno, come promesso dal ministro dell’economia e delle finanze Giulio Tremonti, dallo scudo fiscale. Infatti, ha spiegato lo stesso ministro Gelmini, le rette universitarie non aumenteranno e le maggiori entrate dall’introduzione dello scudo fiscale, secondo le intenzioni del governo, saranno ripartite tra sicurezza, missioni all’estero e, appunto, università.
E ancora. Mai più ricercatori a vita. Il ddl infatti prevede che i ricercatori saranno assunti con contratti a tempo determinato di sei anni, tre anni più tre. Al termine di questi sei anni o saranno assunti dall’ateneo a tempo indeterminato come associati oppure dovranno concludere il rapporto di lavoro con l’università. Così sono previsti anche nuove regole per il reclutamento dei giovani studiosi con l’introduzione dell’abilitazione nazionale, attribuita ad una commissione nazionale, sulla base di parametri qualitativi, per diventare professori associati o ordinari.
Solo gli “abilitati” potranno poi a accedere alle procedure pubbliche di selezione bandite nei vari atenei per la cattedra. Abbassata l’età per l’entrata in ruolo nelle università, da 36 anni a 30 anni, con un aumento degli stipendi da 1.300 euro a 2.100.
Le università inoltre, per evitare l’aumento di corsi di studio inutili e senza alcuna attinenza con il mondo del lavoro, potranno avere al massimo dodici facoltà.
Quanto al Senato Accademico avrà competenze di carattere scientifico, ma sarà il Consiglio di Amministrazione (composto per il 40 percento da membri esterni) ad avere la responsabilità delle spese, delle assunzioni e delle spese di gestione anche delle sedi distaccate. E non per forza il CdA, al cui vertice potrà essere nominato pure un membro esterno, dovrà essere presieduto dal rettore, il quale ultimo potrà durare in carica al massimo per otto anni, cioè per due mandati consecutivi.
In sostituzione del direttone amministrativo, dal nuovo ddl viene introdotta la figura del direttore generale che avrà maggiore autonomia e maggiore responsabilità.
I PARERI – Con la riforma dell’università, ha commentato il ministro Gelmini, “vogliamo ridare maggiore peso e autorevole ad una istituzione fondamentale del Paese, rendendola protagonista della risposta alla crisi. Non ci possiamo accontentare di un sistema che in alcuni casi è buono mentre in altri casi esistono problemi che sono devastanti”.
Parole di plauso per il disegno di legge arrivano pure dal ministro Giulio Tremonti che vede nella nuova riforma il raggiungimento di “un equilibrio tra modello continentale e americano, con prevalenza del modello continentale”. “E’ stato anche raggiunto un equilibrio-ha continuato Tremonti- tra Stato, Regioni e Università”.
Anche Confindustria apprezza il ddl. Gianfelice Rocca, vicepresidente di Confindustria per l’Education, ha sottolineato come al centro del provvedimento ci sia “il tentativo di liberare il nostro sistema universitario da modelli organizzativi inefficienti, da vincoli burocratici e da abitudini corporative”.
Contraria è invece la Flc-Cgil che parla di “operazione scopertamente autoritaria, corrispondente alla vocazione aziendalistica dell’attuale governo”. E l’Unione degli Universitari accusa: “non c’è stato alcun tavolo di discussione con gli studenti sui temi della governance e del diritto allo studio. La nostra idea è quella di un’università che sia pubblica , non ostaggio degli interessi dei privati, libera, senza barriere all’accesso, democratica, non in mano ai baroni, di qualità, perché possa davvero formare le coscienze, per tutti, non solo per i ricchi”.
I TEMPI – Il disegno di legge sulla riforma dell’università sarà legge massimo entro marzo. In tempi molto brevi, quindi. E’ quanto ha detto il ministro Gelmini intervenendo a “Radio anch’io”: “Credo – ha affermato – che l’approvazione della riforma possa essere abbastanza rapida, tenendo conto di un dibattito che dura ormai da circa un anno e che ha visto il coinvolgimento di tutto il mondo universitario, della Conferenza dei Rettore, del Consiglio universitario nazionale, di molti esperti e anche delle forze politiche, di maggioranza e opposizione”.
“Si tratta – ha proseguito il ministro – di una riforma importante che necessita di una ulteriore fase di approfondimento. Penso che nei primi mesi del prossimo anno, se non sarà febbraio sarà marzo al massimo questa riforma sarà legge”.
Insomma per il Ministro i presupporti per rendere operativa la riforma nell’arco di qualche mese ci sono tutti. Adesso vedremo come si evolverà il dibattito politico nei prossimi giorni che, sicuramente, riguardo l’affannoso tema dell’università, sarà molto accesso.