Attualità

Oliviero Toscani, gli scatti a Barbiana e la sua ammirazione per Don Lorenzo Milani

Quanti ricordi e pensieri commossi, quanti aneddoti sono stati raccontati in questi giorni su Oliviero Toscani. Ne aggiunge un altro – che a noi che ci occupiamo di scuola fa molto piacere – il quotidiano Avvenire, che ricorda quando il grande fotografo, allora diciassettenne, accompagnò il cognato, Giorgio Pecorini, giornalista all’Europeo, a Barbiana, dove conobbe Don Milani. Era il 1963, Oliviero Toscani aveva 21 anni e già una macchina fotografica al collo. Come ricorda il quotidiano milanese, il futuro, grande, fotografo, non perse l’occasione per realizzare alcune tra le foto più belle che abbiamo di Don Milani, colto nel suo ambiente ‘naturale’, in mezzo ai suoi ragazzi. Proprio una di queste foto diventerà la copertina di ‘I care ancora’.

Inediti, lettere, appunti e carte varie’, libro su Don Milani curato proprio da Giorgio Pecorini, con prefazione di Alex Zanotelli, edito da Emi. Sulla foto, bellissima, si vedono in primo piano i ragazzi che studiano divisi in gruppetti e sullo sfondo Don Milani, seduto, mano sul mento, pensoso ma sereno, che li guarda. Altre due volte Toscani è salito su a Barbiana a trovare Don Milani, scattando tante altre foto, esposte poi nel 2019 a Matera, in una mostra dal titolo ‘Oliviero Toscani, Don Milani, la scuola di Barbiana e il Sessantotto’.

Il fatto è che Toscani, pur profondamente laico e in qualche modo anche anticlericale, ha sempre nutrito un grande rispetto per Don Milani, del quale ammirava ‘il coraggio di essere contro, in polemica, di credere nelle idee come principi’, come ebbe a dichiarare nel 2017, durante la presentazione del libro ‘Barbiana o dell’ inclusione ‘, scritto da Aldo Bozzolini, uno dei ragazzi cresciuti alla scuola di Don Milani.

Grande esperto dei meccanismi della comunicazione di massa, Toscani – continua Avvenire – riconobbe in don Milani un grande comunicatore, antesignano nella Chiesa per la sua capacità di incidere sull’opinione pubblica, un uomo di grandissima intelligenza  che, come dichiarò durante un’intervista al Giorno, capì subito i meccanismi della comunicazione di massa e comprese che per far passare il suo messaggio doveva implicarsi in prima persona. Interrogato poi su quale fosse il messaggio più importante che don Milani aveva lasciato, rispose: «Che non siamo divisi fra bianchi e neri, fra atei e cattolici o in altre categorie. Ma solo tra poveri e ricchi. Tutto il resto è una scusa, un’indulgenza».

E così è, non a caso Lettera a una professoressa – il libro che Don Milani scrisse assieme ai suoi ragazzi e che diventò una sorta di bibbia laica per docenti democratici – punta il dito contro il classismo della scuola: “se si perdono i ragazzi più difficili, la scuola non è più scuola, è un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.

Gabriele Ferrante

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