In questi giorni l’opinione pubblica si sta concentrando moltissimo sul fatto di cronaca nera che in questi giorni ha sconvolto tutto il Paese: l’omicidio di Giulia Tramontano, la ragazza incinta di sette mesi uccisa dal proprio compagno nel milanese alla fine di maggio.
Dacia Maraini, la nota scrittrice, ha pubblicato un articolo di riflessione sul fatto e più in generale sui femminicidi e la cultura maschilista su Il Corriere della Sera. Secondo la Maraini bisogna raccontare questi eventi tragici per infondere consapevolezza nelle donne: “Raccontare le violenze sulle donne, naturalmente in modo non morboso, aiuta a creare coscienza, fa capire quanto sia pericoloso non denunciare, non tenere le distanze da chi si mostra possessivo in maniera maniacale e morbosa”.
Secondo l’autrice de La lunga vita di Marianna Ucrìa le scuole dovrebbero attivarsi per educare gli uomini del domani a rispettare le donne: “È vero, da quanto mi dicono, che sui social molti approfittano di queste occasioni per versare valanghe di fango sulle donne. Ma non identificherei i social con l’Italia intera. Ormai tutti hanno capito che si tratta di uno sfogatoio anonimo e meschino da prendere con le molle. Una terza voce ha sostenuto che indirizzare tutte le raccomandazioni alle donne: non uscire non fidarti di chi ti schiaffeggia una volta, tieni le distanze da chi ti insulta ecc…, è un modo di condizionare il comportamento femminile, mentre da vincolare, e anche urgentemente, cominciando dalle scuole, sarebbe quello maschile”.
“Siamo d’accordo, ma teniamo presente che le donne spesso sono sole, plagiate, divise fra il bisogno di mantenere unita la famiglia e la voglia di ribellarsi all’interno di una comunità che spesso le condanna a priori. Perciò insistiamo sulla necessità di raccontare, di fare sapere senza vergogna quello che succede in molte famiglie italiane e denunciare prima che sia troppo tardi”, ha concluso la scrittrice.
Il pensiero della Maraini è opposto quello della giornalista Annalisa Cuzzocrea, che qualche giorno fa, su La Stampa, commentando lo stesso fatto di cronaca, ha scritto che sono le donne a dover ricevere un’educazione particolare ai sentimenti, per scongiurare dipendenze affettive e tossiche che possono sfociare in tragedie.
“Il dato sui femminicidi non cala da anni nonostante a livello legislativo tanto si sia provato a realizzare. Tanto, ma non abbastanza. Non cala perché non si è fatto – di pari passo col lavoro in Parlamento – un’opera di educazione profonda nel Paese, a partire dalle scuole. Non si parla di sentimenti e di come gestirli nelle nostre classi, è un tabù, sia mai arrivi il “gender”. Non si parla di sesso, meno che mai, anzi ci sono presidi che invocano l’epurazione dei baci gay dalle mostre fotografiche. Non si insegna alle ragazze quel che devono sapere fin dal primo giorno: al primo segno di violenza, prendi tutto e vai via”, queste le sue parole.
“Si tratta però oggi, adesso, purtroppo, per le ragazze di questo Paese, di capire come salvarsi finché quel lavoro profondo affinché un uomo impari che non può avere tutto non sia completato. E invece, purtroppo, quel che ci troviamo ancora ad insegnare è ad avere paura. Perché quel lavoro profondo sugli uomini, che elimini il desiderio di possesso e non di amore, di sopraffazione e non di cura, di assenza del limite, di riconoscimento di una violenza interiore che va curata, non lo abbiamo ancora nemmeno cominciato”, ha concluso la giornalista.
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