In un tempo di crescente narcisismo in cui ogni dimensione della vita, personale e relazionale, sembra essere determinata e condizionata dalle leggi, in un tempo in cui il rispetto della persona, di ogni persona (sia etero sessuale che omosessuale) viene stabilito non dai processi educativi, ma da tortuosi percorsi politici, quale ruolo e valore potranno mai avere le persone?
La pretesa di dar luogo ad una rivoluzione culturale e l’ambizione di poter fare a meno della forza dell’educazione, affascinano l’uomo, lo incuriosiscono, ma rischiano di farlo smarrire nel deserto della solitudine e nel labirinto del diritto. Da più parti si auspica una società fondata sulla tolleranza, sull’amore, sul rispetto, ma si cerca di farla nascere dando priorità agli aspetti normativi ed escludendo o marginalizzando la scuola e gli educatori.
Come sarà, dunque, possibile costruire relazioni umane autentiche senza un fondato ed adeguato edificio culturale?
Se la vita diventa possesso, perseguimento di interessi, se la scuola viene percepita e vissuta come una comunità indistinta di persone, quale modello di amicizia, di amore, di fiducia, di apertura, di solidarietà, di collaborazione si potrà mai trasmettere ai ragazzi? Quali confini, quale particolarità e specificità dei ruoli, quali moduli relazionali e valoriali potranno caratterizzare la convivenza?
La società, la scuola e la famiglia sono espressione delle persone individuali nella loro co-umanità, sono forza coesiva che segue il modello Io-Tu-Noi.
Il rimprovero avanzato all’ illusione di risolvere qualsiasi problema attraverso percorsi e processi non etici, ma normativi, è la mancanza di una precipua strategia educante come mezzo per realizzare i compiti dell’educazione sociale e dare risposte ai problemi di una collettività che chiede di essere e divenire forza viva di rinnovamento, dove le persone sono a servizio l’una dell’altra.
Si può comprendere come l’umanizzazione della società e la pacifica convivenza non possano essere perseguite per legge, ma devono essere frutto della maturazione, attraverso l’educazione, delle coscienze individuali.
Ecco perché si auspica che venga data priorità ad una pedagogia comunitaria che, in un mondo troppo complesso, ormai privo di ogni senso e percezione del limite, risponda al grido di Pascal: “Che cos’è un uomo nell’infinito?” e, soprattutto, cerchi di sviluppare uno stile di convivenza e una adeguata azione educativa.
Sempre più persone, oggi, crescono nella precarietà dei rapporti umani, sempre più persone, oggi, sono prive della semplicità ed essenzialità dell’esistere, sempre più persone non vengono educate all’ascolto della voce dell’interiorità. Il mondo moderno appare troppo cinico e indifferente perché possa assicurare relazioni educative vere, accogliere progetti educativi autentici, non ambigui, fondati sul saper ascoltare e comprendere l’altro, con la conseguente capacità di aiuto vicendevole.
In generale, il modo di essere e di rapportarsi con l’altro esige la messa in atto di alcuni meccanismi che influiscono notevolmente sulla percezione dell’ io, del tu e del noi.
L’educazione è opera necessariamente sociale, riguarda tutto l’uomo e, più di una legge, è il tessuto connettivo della società.
Ora, pensare di risolvere fatti oggettivi esistenziali anomali, come l’omotransfobia, attraverso semplici strumenti normativi, significa non aver compreso che l’uomo non è semplicemente una determinazione antropomorfica, ma una categoria onto-teleologica che sa e deve completarsi e unirsi nelle differenze.
La legge rinchiude l’umano nel recinto naturale del diritto, l’azione educativa lo libera, dà modo di riscoprire le meraviglie del nostro corpo, di capirne il linguaggio ed esaltarlo nella sua dignità.
La vita in tutte le sue forme e manifestazioni è uno splendido dono, un bene infinito che va liberato dalle ombre ingannatrici degli idola, che abbagliano, accecano, smarriscono, fanno perdere il contatto con la realtà e alterano l’essenza pura della vita, che trova la sua naturale collocazione all’interno di una precipua antropologia teleologica e pedagogica.
È questa una realtà che non può essere ignorata. Così, se da un lato, all’interno della società civile, si registrano tutta una serie di, seppur necessari, interventi normativi per contrastare il dilagare dell’odio e della violenza legati alle diverse forme di discriminazioni, dall’altra non si riesce a sollecitare e mettere in atto interventi educativi in grado di proteggere e tutelare quella ricchezza di valori umani, di stili di vita che ogni persona può esprimere.
Purtroppo, nella nostra società pluralista e democratica, grondante di leggi, spesso inapplicate, manca un adeguato supporto educativo capace di affrancare l’uomo e la società dai troppi fattori che operano in senso contrario: pregiudizio, discriminazione, odio, violenza ecc.
Abbiamo ancora difficoltà a lasciarci guidare a animare dall’ amore, facciamo fatica ad entrare nella logica dell’ “essere per” e dell’ “esistere con”; è così povera la nostra immaginazione, così piccolo il nostro pensiero, così limitato il nostro orizzonte, così angusta la nostra visione della vita, che consideriamo chi non vive, ragiona o pensa come noi, un ostacolo alle nostre libertà.
La vera forza non sta nella legge, ma nell’educazione.
Fernando Mazzeo
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