Se da un lato i risultati nel campo della sanità globale sono migliorati significativamente negli ultimi anni, il progresso nel campo dell’istruzione livello mondiale non è stato altrettanto soddisfacente. Mentre i tre istituti principali che elargiscono fondi alla sanità avranno speso più di 55 miliardi di dollari, l’istruzione, nonostante le prove evidenti del suo impatto sociale ed economico positivo, soffre di una forte carenza di investimenti.
L’istruzione è riuscita a raccogliere meno del 10% della somma che è stata invece investita nella sanità globale e, ad oggi, non è emerso alcun meccanismo innovativo di finanziamento. Dato che sono circa due miliardi i bambini che non hanno accesso ad un’istruzione di qualità, la necessità di nuovi fondi è evidente.
Tra gli ostacoli agli investimenti nell’istruzione c’è un ampio divario tra gli interventi ed i risultati, una difficoltà nella misurazione dei risultati ed una predominanza da parte del settore pubblico.
Inoltre, mentre l’esistenza di una partnership tra pubblico e privato a livello globale offre una base istituzionale per un supporto efficace ed una politica a favore della sanità globale, gli sforzi volti a migliorare i risultati nel campo dell’istruzione globale sono, per contro, ostacolati da una serie di complessità in tutta l’intera catena di valori degli investimenti e dalla mancanza di istituti finanziari con ampia disponibilità di fondi in grado di portare avanti una politica che favorisca l’istruzione globale. Quali sono, quindi, le opzioni praticabili?
La proposta, pubblica Il Sole 24 Ore, che riporta uno studio di Philippe Douste-Blazy, Robert Filipp, e Carol Bellamy, è quella di istituire una banca per gli investimenti sull’istruzione con la collaborazione della GPE e delle principali banche internazionali per gli investimenti, capitalizzata in parte dai proventi di una tassa sulle transazioni finanziarie, simile a quella proposta in seno all’Unione europea.
Una tassa sulle transazioni finanziarie sarebbe la più adatta per questo progetto per due ragioni principali.
Innanzitutto, la tassa in sé è il risultato di un’innovazione finanziaria inadeguata che ha messo in ginocchio l’economia globale nel 2008, colpendo con maggior durezza i più poveri a livello mondiale. Sembra quindi più che giusto tassare il settore finanziario a sostegno di un’innovazione positiva che finanzi delle infrastrutture sociali come l’istruzione.
In secondo luogo, una banca per gli investimenti per l’istruzione potrebbe essere mutabile al fine di intercettare nuovi beni, utilizzare il capitale e creare nuove opportunità. Solo nei paesi in via di sviluppo, i fondi per la pensione, le compagnie assicurative e i beni dei fondi comuni sono pari ad un valore di 6 trilioni di dollari e questi beni crescono ad un tasso annuale del 15%. Perché non mobilitare quindi parte di questi soldi a favore dell’istruzione?
Nonostante l’aumento dell’istruzione privata in molti paesi a basso reddito, le opportunità d’investimento nel modello pubblico-privato continuano ad essere limitate. Al momento, ci sono poche opportunità per gli investitori, specialmente in termini di entità e dimensioni delle transazioni.
In quasi tutti i paesi, lo stato contribuisce ancora per la maggior parte ai fondi per l’istruzione.
Una banca degli investimenti per l’istruzione può svolgere un ruolo da catalizzatore fondamentale per entrambi questi aspetti.
Il tipo di istituzione che abbiamo in mente dovrebbe essere un’organizzazione a sé stante in grado di operare come banca degli investimenti registrata e soggetta ai requisiti di capitalizzazione, regolamentazione e statuto, così come a tutti gli altri requisiti.
Le sue attività dovrebbero comprendere l’aumento del capitale (equity e debito) a favore dell’istruzione globale, fornire servizi di investimento bancario ai governi, alle aziende e alle agenzie multilaterali in collaborazione con le banche locali, e offrire un servizio di consulenza per le partnership tra pubblico e privato, per le privatizzazioni, la decentralizzazione, i prestiti e le negoziazioni della concessione di finanziamenti.
Questa banca dovrebbe poi spingersi oltre fornendo assistenza e consulenza sulle riforme economiche mirate allo sviluppo e al miglioramento del settore dell’istruzione. Dovrebbe avere anche il compito di supervisionare le fusioni e le acquisizioni nel settore educativo, di creare i propri fondi di investimento sull’istruzione di private-equity e venture-capital, e operare come un fondo dei fondi.
Uno dei ruoli principali della banca d’investimento per l’istruzione è quello di trasformare i settori sparsi della ricerca e le idee relative al finanziamento dell’istruzione globale in transazioni concrete. C’è già in effetti un grande potenziale in termini di transazioni per un portafoglio che cerca opportunità d’investimento nella fornitura delle infrastrutture, del capitale umano, dei servizi e delle tecnologie per l’istruzione.
Garantire un’istruzione di alto livello, in particolar modo ai bambini più poveri del pianeta, è una questione di equità. Ma l’innovazione nei finanziamenti per un’istruzione sostenibile è in ritardo, mentre gli investimenti in altre infrastrutture sociali continuano ad aumentare.
Nonostante le sfide considerevoli, esistono tuttavia delle opzioni praticabili per sviluppare i meccanismi necessari a creare nuovi fondi e a garantire l’accesso all’istruzione che tutti i bambini meritano. Una banca per gli investimenti sull’istruzione è il meccanismo giusto da cui partire.
Philippe Douste-Blazy è consulente speciale del Segretario-Generale dell’ONU sulle forme innovative di finanziamento per lo sviluppo. Robert Filipp è presidente dell’Innovative Finance Foundation. Carol Bellamy è l’ex direttore esecutivo dell’UNICEF e l’ex presidente del Global Partnership for Education (GPE).
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