Chi è responsabile dello sterminio nucleare? L’inventore della bomba o colui che ne ordina il lancio? E che responsabilità hanno gli esecutori degli ordini? «Adesso sono diventato Morte, il distruttore di mondi»: sono le terribili parole realmente pronunciate dal protagonista del bel film “Oppenheimer” di Christopher Nolan. Un capolavoro che può ispirare lezioni e dibattiti nell’ambito dell’educazione civica, sul contrasto tra scienza, etica e potere.
La pellicola è un “biopic” sul fisico Robert Oppenheimer (1904-1967), geniale fisico statunitense che coordinò gli scienziati nel progetto “Manhattan”, realizzando la prima bomba atomica. Si basa sul libro “American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer” (2005), scritto dagli scrittori statunitensi Kai Bird e Martin J. Sherwin.
Teso tra dialoghi serrati, immagini suggestive e musica coinvolgente, il lungometraggio è un successo di dimensioni planetarie (nonostante le tre ore di durata), che riempie le sale in tutta Italia dal 23 agosto. È già l’opera cinematografica sulla seconda guerra mondiale che ha venduto più biglietti, nonché il film biografico con più incassi. Molti studenti — anche quindicenni — lo hanno visto, trovandolo avvincente: anche perché, in questo momento storico tragico, il tema che affronta è tornato purtroppo ad essere estremamente attuale, interessando e preoccupando i giovanissimi ancor più dei sessantenni.
Lo spettatore assiste all’ascesa e alla caduta in disgrazia dello scienziato: Oppenheimer, osannato come “Prometeo americano” nel 1945 per aver dato al proprio Paese l’arma totale, precipita dalle stelle alle stalle nel 1954 per i propri dubbi sulla giustezza della corsa agli armamenti nucleari (e alla terribile bomba termonucleare). Sospettato di tradimento (anche in virtù delle proprie giovanili simpatie comuniste, nonché della propria origine ebraica), è messo in stato d’accusa, e riabilitato solo dopo quattro anni d’inchieste.
Nel film sfilano molti grandi scienziati dell’epoca, tra cui Fermi, Einstein, Bohr, Heisenberg, e si colgono le linee fondamentali del dibattito fra di loro. Così come si delinea sempre più il tema della hybris tecnoscientifica: quell’orgogliosa tracotanza da apprendisti stregoni che ha portato la nostra specie a rischiare l’autodistruzione.
Un film che suscita riflessioni su più binari. Quali sono i limiti etici della tecnologia? Anche ammesso che la ricerca scientifica sia sempre cosa buona e giusta, è giusta e buona anche qualsiasi sua applicazione tecnologica?
Domande più attuali che mai oggi. Le prossime guerre potrebbero esser gestite interamente attraverso robot guidati dall’intelligenza artificiale, ma totalmente privi di coscienza e pietà. Eppure è stata la coscienza a impedire la catastrofe nucleare in tanti momenti di crisi estrema, negli ultimi settant’anni. Dunque solo coscienza e intelligenza possono salvarci dalla catastrofe climatica incombente, dall’inverno nucleare, dalla totale disumanizzazione.
Malgrado le apparenze, Oppenheimer non fu un gelido ideatore di armi per la distruzione di massa. La pellicola mostra il suo dissidio interiore. Lo scienziato è lacerato: il suo narcisismo lo spinge a raggiungere l’obiettivo. Ispirato dal narcisismo, egli racconta a se stesso la versione ufficiale dell’establishment industriale e militare, secondo cui bisogna arrivare alla bomba prima dei nazisti. Quando però i nazisti sono ormai sconfitti, e i giapponesi son prossimi alla resa, la bomba va costruita ugualmente, per mostrarne ai sovietici potenza e ferocia. Ma la coscienza parla al cuore di Oppenheimer, e lo terrorizza, perché egli sa bene quel che sta facendo.
I dieci minuti che precedono il primo test nucleare, il 16 luglio 1945 nel deserto del New Mexico, sono pieni di tensione, come in un film dell’orrore prima dell’omicidio. C’è il rischio che l’atmosfera dell’intero pianeta si incendi in seguito all’esplosione: è un rischio minimo, ma esiste. Oppenheimer, lo sa, ed è terrorizzato. Sceglie tuttavia di non obbedire alla propria coscienza, ma al calcolo e al desiderio di gloria. E il test viene effettuato. Dopo il test, egli non riesce però a godere dell’esaltazione generalizzata. Negli occhi ha già la visione scioccante di ciò che accadrà poche settimane dopo, a Hiroshima e Nagasaki, sulla carne viva di 360.000 innocenti. Ma illude ancora se stesso, raccontandosi che proprio l’orrore convincerà gli uomini a distruggere le armi nucleari.
Il film non sottolinea, tuttavia, un’altra grave responsabilità dello scienziato: col suo consenso, tra il 1945 e il 1974 ben 4.000 cavie umane (scelte tra donne incinte, poveri, detenuti, minoranze, persone che non sapevano o non potevano difendersi) furono sottoposte a esperimenti col plutonio per testare gli effetti della radioattività. Crimine nel crimine, nel nome della “scienza” stile Josef Mengele (ma per conto della “democrazia”).
Per costruire la pace, occorre educare alla pace e a riconoscere la voce della coscienza. Non è ammissibile — soprattutto oggi — un percorso scolastico mirante a inserire nel mondo del lavoro i giovani senza educarli a chiedersi a cosa serva il proprio lavoro. Lo si è fatto per troppo tempo. Ora è il momento di cambiare, se non vogliamo che dalle scuole vengano prodotti tanti piccoli Adolf Eichmann, pronti a riprodurre la banalità del male pur di avere stipendio e riconoscimento sociale.
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