Verificare la possibilità di modificare l’intesa sull’insegnamento della religione cattolica a scuola, prevista dal Concordato Stato-Chiesa firmato nel 1984: è questo uno dei punti che il ‘parlamentino’ dei vescovi italiani, il Consiglio episcopale permanente, si appresta a discutere, tra lunedì 28 e giovedì 31 marzo, durante un incontro durante il quale verrò definito l’ordine del giorno dell’assemblea generale in programma nel prossimo mese di maggio. Non è ancora stato reso noto quali siano i contenuti della proposta di modifiche sull’ora di religione a scuola: di molto probabile, però, c’è il dato che la volontà di cambiamento sia anche dettata dall’esigenza di tamponare l’emorragia di alunni che si avvalgono dell’ora settimanale. Negli ultimi 25 anni, del resto, le forti trasformazioni valoriali dei cittadini hanno determinato uno scollamento rispetto alla fede. E la scuola non è da meno: tanto che da alcuni anni il numero di alunni e studenti che si avvalgono dell’insegnamento dell’ora di religione risulta in lieve ma costante discesa. Soprattutto nelle grandi città, come Milano, e nella scuola secondaria superiore: non sono rari i casi in cui il numero di coloro che svolgono attività alternativa (sempre se organizzata dalla scuola) è superiore a quello di chi segue l’ora di religione. Una tendenza che non sempre è, tra l’altro, giustificata dall’aumento esponenziale di iscritti di nazionalità o origini non italiane. La disaffezione della società verso i riferimenti indicati dalla Chiesa è un dato di fatto: significativa, in tal senso, la crisi degli oratori e delle tradizionali attività giovanili organizzate dagli ambienti ecclesiastici. La Cei sino ad oggi ha minimizzato: il fatto che nella scuola primaria l’adesione continua ad essere altissima, spesso vicina all’unanimità, rimane un dato inequivocabile. Ma non solo: “nell’anno scolastico 2009-2010 l’insegnamento della religione cattolica – ha fatto sapere di recente la Cei – è stato scelto dal 90% delle famiglie e degli alunni delle scuole statali. Tale dato sale al 90,80%, se si tiene conto anche di quanti frequentano scuole cattoliche. L’alto tasso di adesione attesta la forza di attrazione di questa disciplina, di cui gli stessi avvalentisi sono i testimoni più efficaci”. Ma se adesioni ed interesse per la disciplina d’insegnamento rimangono alte, allora perché i vescovi hanno deciso di mettere mano all’assetto che da oltre 25 anni disciplina la materia?