Sull’agenda degli argomenti toccati dai vertici dei ‘Conferenza episcopale italiana’, riunitisi in Consiglio permanente, non poteva mancare l’argomento scuola-religione. Toccando i vari ambiti della società nazionale, ad iniziare da quello politico, a proposito dei quali i cattolici annunciano la necessità di rivedere il significato del proprio ruolo, il cardinale Angelo Bagnasco è tornato sulla discussa sentenza del Tar del Lazio di metà luglio (quella secondo cui la religione non andrebbe inserita nel novero dei corsi utili alla formazione del credito scolastico). Bagnasco l’ha giudicata pesantemente: è una “reiterata offensiva” che prende di mira, ha spiegato, l’ora di insegnamento cattolico nella scuola pubblica.
Il cardinale ha quindi apprezzato l’operato del ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, poichè “ha già avanzato ricorso al Consiglio di Stato, ribadendo con altro suo atto la validità della presenza dell’insegnamento di religione nel curriculum scolastico“. Ed ha infine ribadito che il aderire all’ora di religione “non richiede l’adesione di fede, ma assicura una riflessione argomentata sulle grandi domande di senso e sulla religione cattolica che offre i codici indispensabili per decodificare i segni della storia, dell’identità, dell’arte e della musica dell’Occidente, ma non solo“. L’arcivescovo di Genova ha infine voluto respingere l’accusa delle associazioni laiche e non cattoliche, secondo cui la religione a scuola è in realtà una sorta dicatechismo di Stato: per Bagnasco si tratterebbe di un preconcetto che “finisce per far incespicare quell’indispensabile e prezioso dialogo interculturale, per altri versi e in altri contesti auspicato“.
Ventiquattrore dopo anche cardinale Camillo Ruini, attuale presidente del comitato per il progetto Culturale della Cei, pur non entrando nel merito è voluto intervenire sull’argomento. Durante la presentazione del volume ‘La sfida educativa – Rapporto proposta sul tema dell’emergenza educativa’, l’attenzione dell’ex presidente dei vescovi italiani si è incentrata sulla ambizione della chiesa “di raggiungere un’alleanza educativa di lungo periodo con le istituzioni e con tutti coloro che hanno una responsabilità in questo settore. La nostra proposta – ha continuato Ruini – è quella di offrire orientamenti e tutti sappiamo la gravità in Italia e nel mondo occidentale dell’educazione“. L’intervento del cardinale si è quindi trasformato in un “invito a muoverci in questo senso e i relatori di questa sera indicano i soggetti che vorremmo coinvolgere“.
E siccome tra gli invitati, assieme al presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, e al direttore della Rai Paolo Garimberti, c’era anche il ministro dell’Istruzione la risposta, positiva, non è tardata ad arrivare. Partendo dalla necessità di battersi “affinchè i bambini stranieri immigrati in Italia imparino subito la lingua italiana, il primo vero passo verso una pacifica integrazione“, Gelmini ha voluto sottolineare che “la scuola deve essere anche un momento di difesa dell’identità del Paese”. E questo significa, rispondendo positivamente all’auspicio di Ruini, che in Italia rimane viva “l’esigenza dell’ora di religione e dei crocifissi nelle aule“. Parole chiare che confermano la posizione tutt’altro che super partes del Ministro nella diatriba sull’ora di religione: che però non bastano di certo a dissipare le polemiche sui contenuti della materia, sulla sua adeguatezza in una società molto diversa da quella di qualche decennio fa e sulla sua valenza in sede di valutazione finale. Una materia che, anche se in alcune realtà scolastiche del Nord, ad iniziare dall’hinterland milanese, presenta evidenti cenni di flessione, è bene ricordare che a tutt’oggi continua ad essere seguita dal 91% degli allievi italiani: un numero altissimo, che corrisponde a oltre 7 milioni di giovani.
E siccome tra gli invitati, assieme al presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, e al direttore della Rai Paolo Garimberti, c’era anche il ministro dell’Istruzione la risposta, positiva, non è tardata ad arrivare. Partendo dalla necessità di battersi “affinchè i bambini stranieri immigrati in Italia imparino subito la lingua italiana, il primo vero passo verso una pacifica integrazione“, Gelmini ha voluto sottolineare che “la scuola deve essere anche un momento di difesa dell’identità del Paese”. E questo significa, rispondendo positivamente all’auspicio di Ruini, che in Italia rimane viva “l’esigenza dell’ora di religione e dei crocifissi nelle aule“. Parole chiare che confermano la posizione tutt’altro che super partes del Ministro nella diatriba sull’ora di religione: che però non bastano di certo a dissipare le polemiche sui contenuti della materia, sulla sua adeguatezza in una società molto diversa da quella di qualche decennio fa e sulla sua valenza in sede di valutazione finale. Una materia che, anche se in alcune realtà scolastiche del Nord, ad iniziare dall’hinterland milanese, presenta evidenti cenni di flessione, è bene ricordare che a tutt’oggi continua ad essere seguita dal 91% degli allievi italiani: un numero altissimo, che corrisponde a oltre 7 milioni di giovani.
Numeri che secondo i laici non devono però indurre a falsi miti. Significativa, in tal senso, la dichiarazione, conseguente alla posizione ribadita dalla Cei, del segretario del Partito socialista, Riccardo Nencini: la Chiesa accetti “una volta per tutte” che la fede sia “frutto di una scelta libera” e non oggetto di “campagne promozionali a cominciare dai primi anni di scuola“.