“Nelle nostre classi non ci sono solo bambini figli di genitori di tradizione cattolica ma anche atei, agnostici, musulmani, ebrei, induisti, buddisti. Che senso ha parlare solo di religione cattolica?”. A sostenerlo, dalle pagine del Fatto Quotidiano, è Alex Corlazzoli.
Il giornalista e maestro sostiene che le condizioni non sono più quelle di “un’educazione introdotta nelle scuole più di cent’anni fa” e che “nel 2002 la società è cambiata”.
Cambiamo rotta, rivediamo il Concordato
Secondo Corlazzoli, “è arrivato il momento di cambiare rotta. Uno Stato laico non può permettersi di catechizzare la scuola. Va rimesso mano al Concordato (datato 1984 ndr) che è ormai anacronistico”.
Il maestro giornalista non è “contrario all’insegnamento delle religioni”, ma sostiene che “abbiamo bisogno di insegnanti di qualità e non di raccomandati baciapile”.
Corlazzoli va già duro: “l’insegnamento della religione cattolica – sostiene – è una sorta di ufficio di collocamento delle diocesi per piazzare, a pagamento dello Stato, suore laiche, preti, amici dei vescovi, adepti della diocesi”.
Su questo punto, tuttavia, va ricordato che suore e preti rappresentano ormai un’eccezione tra i docenti di religione cattolica (appena il 4%), sempre più insegnata da laici. Una condizione, quindi, che non presuppone più uno scontato “indottrinamento” degli alunni.
No al catechismo in classe
In ogni caso, per Corlazzoli, “la scuola ha necessità di maestri e professori” che non fanno catechesi in classe, “magari anche preti (perché no… ne conosco di sapienti)”.
E ancora: “Se nell’aula di mio figlio a insegnare religioni ci fosse don Matteo Zuppi o don Luigi Ciotti o un allievo di don Lorenzo Milani, o ancora qualcuno che ha ereditato il messaggio di don Tonino Bello, l’insegnamento di questa disciplina non sarebbe un’ora di catechismo e potrebbe persino diventare obbligatorio come ogni altra materia”.
Corlazzoli lancia una proposta. “I tradizionalisti mi diranno che la religione cattolica fa parte del nostro patrimonio culturale, ed è vero, ma perché non studiare le religioni anziché una sola? Perché avere insegnanti che entrano in classe solo per parlare di cattolicesimo in un momento in cui solo la valorizzazione delle differenze può aiutarci a evitare futuri conflitti?”.
L’accusa dell’ex grillina Granato
Su questo punto, va ricordato che nelle passate settimane la senatrice Bianca Laura Granato, di L’Alternativa C’è, assieme alla collega Luisa Angrisani, si è scagliata prima contro l’emendamento Rampi al dl 44/21 con il quale si vorrebbe rendere la laurea magistrale in scienza delle religioni nella laurea magistrale in scienze storiche, scienze filosofiche e in antropologia culturale ed etnologia; poi Granato ha puntato il dito contro “l’insegnamento confessionale della religione cattolica” perché venga “sostituito da insegnamenti laici” arrivando a chiedere di modificare “in tal senso il Concordato”.
La replica dello Snadir
Alle parole di Corlazzoli ha fatto immediato seguito la replica dello Snadir, il primo sindacato dei docenti di religione cattolica. Secondo il suo segretario nazionale, Orazio Ruscica, “Corlazzoli è rimasto indietro a quando era lui stesso a frequentare l’ora di religione a scuola. Se invece di sparare sentenze da sotto l’ombrellone si informasse su ciò che davvero è oggi l’ora di religione siamo certi che i toni e le parole da lui usate sarebbero molto diversi”.
“Chi frequenta oggi l’ora di religione – sostiene Ruscica – sa bene che durante quest’ora gli studenti hanno la possibilità di conoscere bene le tradizioni, la cultura e la religione che ha segnato le radici del nostro paese, anche in relazione alla storia dell’arte e della nostra letteratura, sempre con uno sguardo interreligioso”.
Religione a scuola non è catechesi
“Tolleranza e accoglienza sono le parole d’ordine di questo insegnamento – continua il numero uno dello Snadir – . Che si smetta dunque di equiparare l’ora di religione a un’ora di catechesi, invece di considerarla per quello che è, ossia un’ora di formazione culturale indispensabile per cogliere aspetti fondamentali della vita, delle tradizioni del nostro Paese, di quell’insieme di regole, precetti e valori che appartengono alla nostra coscienza collettiva”.
Sull’accusa di Corlazzoli che in cattedra arrivino a insegnare religione persone scelte dalle diocesi, Ruscica risponde: “Oltre a farci una risata, precisiamo ancora una volta che gli insegnanti di religione cattolica non sono stati immessi nei ruoli della scuola statale dal vescovo, bensì a seguito di regolare concorso bandito con decreto dirigenziale del 2 febbraio 2004 in attuazione della legge n.186 del 18 luglio 2003”.