Quando per la prima volta leggemmo, alla fine circa del secolo scorso, che in certe scuole delle periferie più cupe dei civilissimi Stati uniti d’Amarica, avevano installato il metaldetector per evitare che i ragazzi portassero in classe armi per offendere, commentammo quella notizia rimarcando che lo stesso difficilmente potesse accadere in Italia, anche perché da noi c’è una legge rigorosissima sul loro possesso e l’uso, dunque figurarsi concepire l’idea di una pistola nelle mani di un minorenne.
E invece? E invece ecco cosa succede a Bologna, dove in una scuola di istruzione secondaria di primo grado un ragazzino ha portato l’arma del padre, un poliziotto, nella sua classe, sconvolgendo la serenità della scuola e mettendo pure in allarme tutti i suoi componenti che ormai temono il ripetersi di atti simili.
In ogni caso, il dirigente, con corretta iniziativa, scrisse alle altre famiglie spiegando la dinamica dei fatti e soprattutto promettendo l’immediata messa in sicurezza degli studenti, anche perché la dinamica del ritrovamento dell’arma era una sorta di avventurosa ricerca effettuata da un docente perspicace.
Il fattaccio tuttavia è accaduto e comunque tutti gli altri genitori, compresi quelli del piccolo pistolero, si sono spaventati e con loro i prof e il personale: un’arma, con proiettili, portata a scuola non è un giocattolo da mostrare ai compagni o una trottola con cui giocare insieme.
E così, dopo le regolari informative giudiziarie e mentre la Procura valutava la posizione del padre, che potrebbe essere denunciato per omessa custodia dell’arma, in quel plesso, come racconta Il Resto del Carlino, si è accesso il dibattito: installare o no un metaldetector all’ingresso della scuola?
Dice il dirigente: “Non potremmo mettere un metal detector perché se a qualcun altro venisse in mente…” Non ha completato la frase, ma si capisce che potrebbe servire a poco, se si hanno certe intenzioni. E poi ha aggiunto: “Gli studenti comunque hanno capito di aver corso un grande pericolo. Ci metteremo subito al lavoro per progettare un intervento educativo non solo sulla classe, ma anche mirato al ragazzino”.
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