La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta sulla questione del compenso per le attività di avviamento alla pratica sportiva svolte dai docenti di educazione fisica, con varie ordinanze (n. 11573/2023, n. 14327/2023 e n. 15294 del 31 maggio 2023).
La questione riguarda sia i docenti di educazione fisica, sia i coordinatori provinciali.
Secondo l’art. 87 del CCNL, il compenso “può essere corrisposto nella misura oraria, maggiorata del 10% prevista dall’art. 70 del CCNL del 4.8.1995” [1/78 dello stipendio- N.d.R.].
Il Ministero riteneva però che- avendo raggiunto delle Intese Sindacali negli anni 2009 e nel 2010 – tale indennità dovesse essere rivista (in pejus) alla luce dei nuovi accordi.
Restava poi aperta la questione del compenso del coordinatore provinciale che – com’è noto- è esonerato dall’insegnamento per cui – a rigore- non si può parlare di ore eccedenti.
In effetti, l’art. 87 dispone: “Le ore eccedenti le 18 ore settimanali effettuabili, fino ad un massimo di 6 settimanali, del personale insegnante di educazione fisica nell’avviamento alla pratica sportiva, vanno individuate ed erogate nell’ambito di uno specifico progetto contenuto nel POF”.
Invece, per i coordinatori di educazione fisica, il compenso può essere corrisposto anche al di fuori di uno specifico progetto contenuto nel POF.
Secondo il Ministero, con l’Intesa del 18 maggio 2010, il compenso poteva essere corrisposto solo sulla base dei soldi stanziati annualmente (e ripartiti tra le varie scuole).
Non erano di questa opinioni i docenti interessati, che ritenevano che si dovesse far riferimento a quanto previsto dal CCNL.
La Corte di Cassazione ha escluso che la contrattazione integrativa potesse derogare al CCNL in materia di compenso per le ore aggiuntive, osservando che tra le materie delegate alla contrattazione collettiva decentrata non è prevista la regolamentazione del compenso del lavoro eccedente le 18 ore settimanali prestato dai coordinatori provinciali per l’educazione fisica, né quella per il compenso per le attività aggiuntive e delle ore eccedenti d’insegnamento.
La Corte ha dunque ritenuto infondato il ricorso del Ministero, condannandolo al pagamento delle spese processuali.
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