Poco meno di un mese fa il Governo ha depositato un disegno di legge delega per la riforma degli organi collegiali, una semplificazione delle procedure di valutazione del sistema scolastico e riformare gli organi collegiali anche a livello di istituzione scolastica in modo da diminuirne il numero dei componenti.
Ampiamente discutibili gli obiettivi che si intendono raggiungere a partire dall’idea che riformando gli organi collegiali si potrebbero conseguire risparmi di spesa.
Ma, come è ben noto, il funzionamento degli organi collegiali territoriali non comporta nessuna spesa dal momento che gli eletti non percepiscono nè compensi nè rimborsi spese.
A meno che non si voglia considerare che quando si svolgono le sedute di un consiglio di istituto ai consiglieri viene consegnata la documentazione degli atti in discussione: e quindi di fatto diminuendo il numero dei componenti diminuisce la spese per le fotocopie da produrre.
Intanto arrivano già le prime critiche al progetto del Governo.
Flc-Cgil, per esempio, non condivide la strada decisa dall’esecutivo, che è appunto quella di una legge delega.
Va però ricordato che nel già nel 1974 venne utilizzato questo strumento che servì in quella occasione ad approvare ben 5 decreti delegati, di cui 2 per scrivere lo stato giuridico del personale della scuola e uno per definire le regole del lavoro straordinario.
La portata dei decreti del ’74, insomma, fu molto più importante, il Governo ebbe solo 9 mesi di tempo per scrivere i provvedimenti, mentre in questa circostanza la delega durerebbe ben 24 mesi.
D’altronde dalla fine degli anni novanta si sono succeduti numerosi tentativi di riscrittura delle regole di funzionamento degli organi collegiali, tutti miseramente falliti nonostante che sia ormai sotto gli occhi di tutti che alcuni organi hanno progressivamente perso gran parte delle loro funzioni.
Per esempio, nati per favorire la partecipazione delle famiglie alla gestione della scuola, i consigli di istituto sono ormai ben poco rappresentativi dal momento che, soprattutto nella secondaria di secondo grado, la partecipazione al voto da parte dei genitori non supera quasi mai il 5%. Addirittura in molti casi è lo stesso dirigente scolastico che deve sollecitare insegnanti e genitori per “convincerli” a candidarsi.
E’ anche altrettanto vero, però, che finora nessuna maggioranza di Governo è mai riuscita a mettere mano al problema. Vedremo se ci riusciranno Lega e M5S, ma il dubbio è più che legittimo.
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