Nelle ultime ore la Commissione Cultura della Camera ha accolto un emendamento del PD (primo firmatario Stefano Fassina) per eliminare dalle deleghe previste dall’articolo 21 del ddl quella relativa alla revisione degli organi collegiali della scuola.
La decisione merita un rapido commento.
Come si sa gli organi collegiali nacquero nel 1974 a seguito della entrata in vigore del DPR 416 del 1974 e cioè 41 anni fa. Non è neppure il caso di fare l’elenco sistematico di cosa sia accaduto in questi 41 anni per comprendere che il DPR del ’74 è ormai preistoria. D’altronde già nel 1999 il legislatore aveva stabilito che bisognava mettere mano alla questione: il decreto 233 di quell’anno cancellava il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione per sostituirlo con il Consiglio Superiore, la cui elezione è avvenuta solo due settimane fa e cioè a 16 anni di distanza.
Lo stesso decreto 233 cancellava i consigli distrettuali e provinciali per sostituirli con organi territoriali di cui però si è persa ogni traccia.
Nel 2008 si tornò a parlare di riforma degli organi collegiali quando Valentina Aprea presentò alla Camera il contestato disegno di legge 953 che sembrava potersi trasformare in una vera e propria legge nel 2012 quando si trasformò nel progetto Aprea-Ghizzoni (PD).
Poi con la fine della legislatura anche quel progetto andò perso.
Insomma: è da almeno 15 anni che lo stesso Parlamento si è accorto che l’impianto del 1974 è del tutto inadeguato a rispondere alle esigenze del sistema scolastico attuale. D’altronde il dato relativo alla partecipazione al voto dei genitori (e anche degli studenti) nelle scuole superiori (spesso non si arriva neppure al 10%) è indicativo del totale disinteresse degli “utenti” nei confronti del modello in vigore.
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