E’ stato discusso, il 21 novembre scorso presso il Miur, in presenza delle rappresentanze sindacali, lo schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 30 giugno 1999, n. 233, concernente la riforma degli organi collegiali territoriali della scuola.
La bozza del decreto legislativo prevede, entro il 15 settembre 2004, la costituzione di organi collegiali della scuola a livello centrale, regionale e locale.
In questo modo i diversi soggetti interessati potranno partecipare attivamente alla vita della scuola in stretta relazione con i vari organi legati gli uni agli altri .
Gli organi collegiali, infatti, sono così rappresentati: a livello centrale, dal Consiglio nazionale dell’Istruzione e della Formazione; a livello regionale, dai Consigli scolastici regionali e a livello sub-regionale dai Consigli scolastici locali. Si tratta di una rappresentanza ad incastro in quanto i presidenti dei Consigli scolastici locali faranno parte dei Consigli scolastici regionali mentre i presidenti dei venti Consigli scolastici regionali e dei Consigli delle province autonome di Trento e Bolzano faranno parte del Consiglio nazionale dell’Istruzione e della Formazione. A quest’ultimo Consiglio, altri sei componenti si aggiungeranno a rappresentanza delle istituzioni scolastiche statali, delle scuole paritarie e delle scuole di lingua tedesca e slovena e della Valle d’Aosta. Al fine di garantire un più ampio pluralismo culturale, ai ventisei componenti presenti nel Consiglio nazionale, si aggiungeranno altri dieci consiglieri nominati dal Ministro tra esponenti del mondo della cultura, della scuola, dell’Università, del Lavoro, delle professioni, del volontariato, per un totale di 36 consiglieri. Tutti e tre i Consigli durano in carica quattro anni, ma per quello Nazionale è prevista la decadenza parallelamente a quella del Ministro che ha provveduto alla nomina.
I Consigli scolastici regionali, invece, sono composti, oltre che dai presidenti dei Consigli scolastici locali, da tre rappresentanti delle scuole paritarie; due studenti; due genitori; tre rappresentanti della regione; tre rappresentanti degli enti locali (Comune, provincia, comunità montane); un esperto, designato dalle Università; un esperto designato dagli Istituti di Alta formazione artistica, musicale e coreutica ed infine da un esperto designato da Unioncamere.
Alla base della piramide troviamo i Consigli locali che sono rappresentati da un dirigente scolastico, tre docenti, due genitori, due studenti, un’unità di personale Ata, un rappresentante delle scuole paritarie presenti sul territorio. Ciò, nel caso in cui le scuole del territorio non superino il numero di 150; diversamente se il numero supera le 150 scuole ma rimane inferiore alle 350 istituzioni scolastiche si aggiungono al Consiglio un docente, un genitore e uno studente. Se le scuole comprese nell’ambito territoriale dovessero superare le 350 unità, i Consigli scolastici locali saranno formati da due dirigenti scolastici, cinque docenti, quattro genitori, quattro studenti, un’unità del personale Ata, e due rappresentanti delle scuole paritarie eventualmente presenti sul territorio.
Sarà compito dei Consigli locali esprimere pareri e formulare proposte nei confronti dell’Amministrazione scolastica periferica sulle seguenti materie: edilizia scolastica, distribuzione dell’offerta formativa, iniziative concernenti l’educazione permanente, l’alternanza scuola-lavoro, l’orientamento, l’integrazione degli alunni portatori di handicap, opportunità culturali e sportive offerte agli alunni. Dalla base al vertice, fino ad arrivare al Consiglio nazionale, le istanze saranno inoltrate al Ministro dell’Istruzione, dell’università e della Ricerca.
Intanto lo schema di decreto non ha soddisfatto le rappresentanze sindacali. Lo Snals-Confsal "rigetta lo schema di decreto legislativo nell’attuale stesura e ne chiede il ritiro in quanto si caratterizza per numerosi profili di illegittimità e di incoerenza giuridica". La Cgil-Scuola denuncia "l’assoluta mancanza di democrazia". La Cisl-Scuola ha presentato una lunga lista di osservazioni che la vede "non condividere" diversi aspetti contenuti nella bozza di decreto.
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