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Organici di sostegno: questione complessa

La “grana” degli organici per il sostegno (già molto evidente nel decreto di sugli organici di diritto del marzo scorso) sta esplodendo in questi giorni in modo clamoroso.

Come ampiamente documentato in un altro nostro servizio, a Messina docenti, sindacati e persino autorità regionali sono sul piede di guerra.
Ma anche in altre città d’Italia il malcontento serpeggia e quasi certamente fra pochi giorni si trasformerà in protesta palese.
Il problema nasce dal tentativo del Ministero di riequilibrare la distribuzione dei posti sul territorio nazionale.
Basta osservare questa tabella per rendersi conto delle dimensioni del problema.
 
 
(1)
(2)
PIEMONTE
1,90
2,00
LOMBARDIA
2,26
2,41
LIGURIA
1,82
1,85
VENETO
2,21
2,28
FRIULI
2,22
2,15
EMILIA ROMAGNA
2,02
2,08
TOSCANA
1,83
1,91
UMBRIA
2,17
2,25
MARCHE
2,31
2,22
LAZIO
2,36
2,56
ABRUZZO
2,53
2,47
MOLISE
1,81
2,85
CAMPANIA
1,78
1,83
PUGLIA
1,69
1,84
BASILICATA
1,41
1,44
CALABRIA
1,65
1,83
SICILIA
1,59
1,66
SARDEGNA
1,73
1,90
 ITALIA
1,95
2,04
 
(1) Rapporto insegnanti di sostegno/alunni disabili nella scuola primaria
(2) Rapporto insegnanti di sostegno/alunni disabili nella scuola secondaria di primo grado
 
I dati si riferiscono all’anno scolastico appena concluso ed evidenziano sperequazioni territoriali molto significative.
Con il decreto sugli organici di diritto, firmato ancora da Fioroni nel mese di febbraio, il Ministero aveva iniziato a riequilibrare almeno in parte la situazione.
Con il risultato di lasciare sostanzialmente inalterati gli organici nelle regioni con un rapporto prossimo alla media nazionale, ma ridimensionando i posti disponibili nelle regioni con rapporti particolarmente bassi (è il caso soprattutto di regioni come la Basilicata, la Calabria e la Sicilia).
Ma la questione è ancora più complessa perché – soprattutto nella scuola primaria e nella secondaria di primo grado – bisognerebbe tenere conto anche delle caratteristiche del servizio scolastico nel territorio.
Nelle regioni del nord, infatti, tempo pieno e tempo prolungato sono quasi generalizzati e questo crea un ulteriore elemento di disparità: assegnare 12 ore di sostegno ad un alunno che frequenta per 28 ore settimanali significa garantire una “copertura oraria” un po’ superiore al 40%, ma se l’alunno passa 40 ore a scuola la copertura scende al 30%.
Poiché molto spesso quando il sostegno statale non è sufficiente gli enti locali intervengono con una propria integrazione, c’è da stare sicuri che Regioni e Comuni vorranno dire la loro soprattutto ora che il piano di razionalizzazione previsto dall’articolo 64 del decreto legge 112 deve tener conto del parare della Conferenza unificata.
Reginaldo Palermo

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