Come è tradizione, anche quest’anno il decreto ministeriale sull’organico di fatto sta provocando le proteste delle organizzazioni sindacali che lamentano sia un taglio complessivo di circa 1.200 docenti sia la non equa distribuzione dei posti fra le diverse regioni.
A conti fatti per il 2016/17 ci saranno complessivamente 30.262 posti di organico di fatto, 1.192 in meno rispetto allo scorso anno. Complessivamente, quindi, l’organico si attesta sui 631.388 posti (era di 632.580 nel 2015/2016).
Va precisato che questo organico non ha nulla a che vedere con il cosiddetto “potenziamento” che continua ad essere pari a circa 48mila posti, anche se per la verità a partire dal 2016/17 non ci sarà nessuna distinzione fra “diritto” e “potenziamento” in quanto tutti i posti rientreranno nell’organico dell’autonomia previsto dalla legge 107, con il risultato che l’assegnazione ad una classe o ad una attività progettuale potrà riguardare indistintamente qualunque insegnante.
Dovendo “correggere” alcune situazioni complesse creatasi in passato il Miur ha dovuto togliere posti ad alcune regioni e attribuirne nuovi ad altre, ma senza una corrispondenza con gli andamenti demografici anche se da viale Trastevere ci tengono ad evidenziare che i 1.192 posti in meno sono appunto legati ad un calo complessivo di circa 43mila alunni.
Ma, se si esamina il dato in modo analitico, si possono scoprire non poche stranezza.
Per esempio in Campania si perdono 133 cattedre, ma gli alunni sono diminuiti di 11.500 unità; in Emilia-Romagna il calo dei posti è persino maggiore (260 unità) ma a fronte di un aumento di 3mila alunni. E le stranezze continuano: in Veneto 3mila alunni in meno e 73 cattedre in più, in Lombardia 5mila alunni in più e 200 posti in meno, in Sardegna 2mila alunni in meno e 123 posti in più; ma il caso più clamoroso è forse quello del Piemonte: popolazione scolastica stabile e 322 cattedre in meno.
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