“Sono tanti i docenti, i collaboratori scolastici, gli assistenti tecnici e amministrativi delle scuole siciliane, di ogni ordine e grado, che il prossimo anno perderanno la titolarità nella loro sede di servizio”. Lo dice il segretario della Flc Cgil Sicilia, Adriano Rizza, commentando i dati forniti dal Ministero dell’istruzione sugli organici.
Un tema di cui ha parlato anche il nostro direttore, Alessandro Giuliani, nel consueto appuntamento podcast settimanale con Radio Cusano.
Sul ministero dell’Economia e delle Finanze grava la responsabilità di non avere investito sulla scuola e, anzi, di avere approvato tagli consistenti sull’Istruzione (pare si passi dall’attuale 4% al 3,5%-3,4% prospettato tra il 2025 e il 2030), nei prossimi anni, in virtù del calo delle nascite. Un’occasione mancata per superare una volta per tutte la criticità delle classi pollaio nelle scuole italiane, lamenta il nostro direttore, cui si aggiunge sempre la voce di Rizza: “Da tempo chiediamo di ridurre il rapporto docenti alunni, al fine di migliorare le condizioni di lavoro nella scuola e aumentare la qualità dell’offerta formativa. Una decisione che, seppur per fini sanitari, aveva trovato accoglimento durante le fasi più preoccupanti della pandemia e che il governo non ha implementato in modo strutturale, nonostante la disponibilità delle ingenti risorse del Pnrr”.
Disatteso il Patto per la scuola del 20 maggio 2021 e disattese le istanze per il rafforzamento degli organici e per la riduzione del numero di alunni per classe, contesta il sindacalista.
Il referente siciliano del sindacato di Francesco Sinopoli, quindi, riferisce sui numeri delle iscrizioni nella sua regione di competenza: “Per l’anno scolastico prossimo è previsto in Sicilia un calo di ben 15.055 alunni così ripartiti: – 1.861 all’infanzia, – 3.485 alla primaria, – 3.908 nel primo grado e – 5.801 nel secondo grado. Fenomeno che non può essere ricondotto al solo calo demografico, ma soprattutto ad un disagio economico e sociale che colpisce molte, troppe famiglie siciliane. In modo particolare quelle formate da giovani coppie, che non riescono a trovare una condizione di lavoro stabile e dignitosa”.
“Rivolgiamo quindi – conclude Rizza – l’ennesimo appello alle istituzioni e alla politica: mettete la scuola al centro della strategia di ripresa e resilienza del Paese ed in particolare del Mezzogiorno”.
E per la prima volta, la protesta si alza anche dai banchi di viale Trastevere: è lo stesso ministro dell’Istruzione Bianchi, infatti, nella mattina del 21 aprile, in audizione alla Camera, a criticare le scelte del Mef: “Stiamo affrontando una emergenza dopo l’altra – afferma il ministro riferendosi alla pandemia e alla crisi ucraina che ha portato nelle classi italiane oltre 16mila alunni – facendo leva sull’entusiasmo degli insegnanti, ma basta, non possiamo più farlo. Abbiamo affrontato questa fase con l’uso massiccio del personale Covid, che non avremo più a settembre. Abbiamo un problema di personale, non possiamo pensare di affrontare una crisi di questo tipo sempre facendo leva sull’entusiasmo degli insegnanti – lamenta Patrizio Bianchi -. La scuola italiana ha bisogno di risorse, di persone, di supporto sul territorio, l’ho detto chiaramente al Mef”.
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