All’interno dei “documenti” di ogni singola scuola (sempre più ricchi sia nella quantità che nella qualità), da sempre e spesso si legge la parola “orientamento”. A volte le scuole, con non poco impegno di tempo e risorse, organizzano apposite giornate dedicate; continuità, orientamento, “in entrata” e/o “in uscita”. Ma sovente capita che tali attività, di continuità e orientamento, siano progettate e viste come qualcosa di avulso dalla quotidianità, dall’agire didattico quotidiano.
Nella scuola dell’autonomia, orientamento e continuità rappresentano due delle azioni fondamentali da porre in essere per permettere a ciascuno di raggiungere il “successo formativo”: non a caso sono richiamate insieme tra le attività che le Istituzioni scolastiche sono tenute a progettare e a realizzare all’art. 4 del DPR 275/99.
Quando se ne parlo nel Congresso dell’Unesco del 1970
Una definizione molto calzante di orientamento come processo che investe l’intera vita di un individuo, coerente con la concezione di apprendimento permanente che costituisce uno dei pilastri delle politiche dell’Unione Europea è emersa già durante il Congresso dell’Unesco svoltosi a Bratislava nel 1970: qui si è precisato che orientare significa porre l’individuo in grado di prendere coscienza di sé e di progredire con i suoi studi e la professione, in relazione alle mutevoli esigenze della vita, con il duplice scopo di contribuire al progresso della società e di raggiungere il pieno sviluppo della persona umana.
Questo significato dell’orientamento emerge anche, nel sistema italiano, nella Direttiva ministeriale 487/1997, che lo definisce quale “fondamentale componente strutturale del processo formativo di ogni persona”, in quanto si esplica in una serie di attività che mirano a formare e a potenziare le capacità delle degli studenti di conoscere se stessi, l’ambiente in cui vivono, i mutamenti culturali e socio-economici, le offerte formative, “affinché essi possano essere protagonisti di un personale progetto di vita, e partecipare allo studio e alla vita familiare e sociale in modo attivo, paritario e responsabile”.
La valenza dell’orientamento, inteso in tale significato allargato, assume un significato nevralgico nella società contemporanea, visti i massicci cambiamenti indotti, nella società e nelle vite individuali, dall’incremento vorticoso delle conoscenze scientifiche, dalle conseguenti applicazioni tecnologiche e dai fenomeni derivanti dall’economia e dall’informazione globalizzata.
Scenari che cambiano
Gli scenari, che rapidamente si costruiscono, ma che altrettanto rapidamente mutano, costringono gli individui a confrontarsi e a fronteggiare incertezza e imprevedibilità nella costruzione delle proprie identità; il capitalismo flessibile, con la sua pratica di spostare all’improvviso i lavoratori dipendenti da un tipo di incarico a un altro, ha cancellato i percorsi lineari tipici delle carriere, tanto che, come ha osservato lo studioso Richard Sennett, sta tornando in auge il significato arcaico del termine job (‘lavoro’) che nell’inglese del Trecento indicava un ‘blocco’ o un ‘pezzo’, qualcosa che poteva essere spostato da una parte o dall’altra, in quanto durante la propria vita le persone sono chiamate a svolgere ‘blocchi’ o ‘pezzi’ di lavoro o di mansioni; la complessità delle variabili in gioco e la crescita delle alternative di scelta, unite all’indebolimento delle appartenenze socio-familiari, spesso spingono a sviluppare un’identità, fragile, in quanto alimentata dai miti collettivi veicolati prepotentemente dai media.
La sfida del sistema scolastico e formativo è quella di far acquisire, attraverso percorsi mirati, competenze di auto-orientamento, che in sostanza corrispondono alle cosiddette competenze trasversali o alle, ormai famose, life-skill considerate necessarie a gestire positivamente i compiti evolutivi richiesti nella società complessa: coscienza di sé, capacità di gestione delle emozioni e di comunicazione efficace, senso critico, decision making, attitudine a risolvere problemi e a lavorare in gruppo, creatività e capacità di affrontare efficacemente le transizioni, gli snodi e le difficoltà che si manifestano negli studi e nella professione, motivazione all’apprendimento continuo, flessibilità e disponibilità all’innovazione.
I riferimenti normativi
Se, come recita il Rapporto Delors, l’educazione oggi ha il compito di offrire simultaneamente le mappe di un mondo complesso e in perenne agitazione e la bussola che consenta agli individui di trovarvi la propria rotta, è chiaro che l’educazione si dispiega in sé come orientamento, e che i due termini vanno pensati come un intero.
Quindi, l’orientamento non costituisce per così dire un’attività a latere o integrativa, ma va concepito, come recita la già citata Direttiva 487/97, quale “parte integrante dei curricoli di studio e, più in generale, del processo educativo e formativo sin dalla scuola dell’infanzia”.
L’orientamento ha potenziato il suo valore nel nuovo assetto organizzativo della scuola italiana, come dimostrano i vari riferimenti alla sua importanza nel Regolamento dell’autonomia: leggendo in parallelo gli art. 4, 7 (comma d), 8 (comma 4) e 11, si vede delinearsi la visione di una scuola capace di interfacciarsi efficacemente con Regioni, Enti locali, associazioni, aziende ed imprese per offrire un sistema capillare di orientamento in un’ottica di governance; prima il D. Lgs. 112/98, poi la legge 3/2001, che ha modificato
il Titolo V della Costituzione, hanno infatti trasferito a Regioni ed Enti Locali nuove competenze in materia di orientamento.
Il seminario di Abano del 2009
Un’ulteriore sottolineatura della necessità di rafforzare azioni di sistema e di puntare a costruire un reale impianto di rete a carattere integrato è emersa nel corso del seminario nazionale “L’orientamento per il futuro”, tenutosi ad Abano nel 2009: qui si è avviato un percorso veramente fecondo, teso all’attuazione di un “Piano Nazionale di Orientamento”, che ha trovato una prima esplicitazione nelle “Linee guida in materia di orientamento lungo tutto l’arco della vita”, elaborate dal MIUR con il contributo del Gruppo Tecnico-scientifico Nazionale.
Nel caso particolare dei soggetti in formazione, fanciulli ed adolescenti, diviene compito fondamentale della scuola quello di progettare percorsi flessibili, adatti e consoni ai bisogni, impliciti ed espliciti, alle possibilità, agli interessi, alle attitudini ed al “profilo di intelligenze”, per dirla con Gadner, della specifica persona, considerata nella sua integrità e nella sua singolarità, sfruttando e modulando, in situazione, le opportunità offerte da altre agenzie e dagli Enti locali.
Appare evidente che si tratta di un’azione, culturale ed organizzativa, molto complessa: è evidente infatti che, per raggiungere gli obiettivi sopra delineati, è necessario diffondere e radicare, a partire dalla scuola, una prospettiva più aperta e critica dell’orientamento, che scardini pratiche consolidate, routines ormai cristallizzate, ed inneschi dinamiche di cambiamento ed innovazione, per una scuola migliore.