Come lavorano in classe gli insegnanti del primo ciclo, primaria e secondaria di primo grado? A questo quesito ha cercato di dare una risposta l’ultima ricerca di Fondazione Agnelli, che ha indagato sulle prassi didattiche in questa fase del percorso scolastico, dal titolo “Osservazioni in classe”.
Il primo dato importante che emerge è che non sono pochi gli insegnanti italiani che nel lavoro quotidiano in aula dimostrano ottime capacità didattiche, per cui una percentuale fra il 25 e il 30% degli insegnanti intervistati riesce a offrire in modo assai efficace alle proprie classi spiegazioni strutturate e proposte di attività, favorendo gli apprendimenti, l’elaborazione attiva e consapevole dei saperi, l’autonomia.
Il dato incoraggiante emerso dalla ricerca di Fondazione Agnelli però è accompagnato dalla consapevolezza che ciò ancora non basta se vogliamo davvero un salto di qualità negli apprendimenti degli studenti del nostro Paese – in ogni grado scolastico – è necessario uno sforzo energico per migliorare le capacità didattiche del maggior numero possibile di docenti, portando a livelli elevati sia quanti oggi non vanno oltre una decorosa sufficienza sia i futuri neoassunti. Investire in innovazione didattica e formazione degli insegnanti deve essere un obiettivo del piano italiano in vista di Next Generation EU, come ha detto il direttore di Fondazione Agnelli Andrea Gavosto, commentando e sintetizzando i risultati della ricerca Osservazioni in classe, frutto di una collaborazione pluriennale fra Fondazione Agnelli e Invalsi.
Il progetto – seguito per la Fondazione Agnelli da Gerard Ferrer-Esteban, ricercatore della Universitat Autònoma de Barcelona – ha portato a osservare direttamente nelle classi il lavoro didattico quotidiano di un campione rappresentativo di oltre 1600 insegnanti di italiano e matematica, di 207 istituti comprensivi in tutta Italia. In ogni istituto comprensivo sono state selezionate due classi di quinta primaria e due classi di prima secondaria di primo grado. L’osservazione è stata condotta su una lezione di due ore di italiano e su una di due ore di matematica. Sono stati tre i momenti di osservazione per ciascun insegnante, osservato da differenti coppie di osservatori, partendo da una specifica griglia costruita a partire da un’analisi della letteratura nazionale e internazionale sulle pratiche didattiche e educative più utili per il processo di apprendimento degli studenti in classe.
I 188 osservatori hanno ricevuto una specifica formazione da parte di Invalsi e Fondazione Agnelli per allineare al massimo i loro criteri di giudizio. Dopo le osservazioni, l’attenzione è andata in primo luogo alle strategie e alle pratiche didattiche, seguendo quattro indicatori: l’insegnamento strutturato, le tecniche di interrogazione e discussione, le strategie per sostenere l’apprendimento, il monitoraggio e la valutazione. Sono state anche osservate le modalità di gestione della classe da parte degli insegnanti, quelle di supporto, aiuto e guida agli studenti, il clima di classe e la qualità delle relazioni al suo interno.
Più del 23% degli insegnanti osservati possiede ottime capacità di spiegare in modo strutturato, secondo la modalità tradizionale della lezione trasmissiva dalla cattedra. Quasi il 30% è, invece, particolarmente efficace nell’integrare le spiegazioni con la proposta agli studenti di attività di apprendimento ben strutturate – individuali o di gruppo – con anche l’utilizzo articolato di materiali e strumenti didattici, anche digitali. Se gli insegnanti di matematica risultano mediamente più efficaci dei loro colleghi di italiano (33% vs 25%), va sottolineato come gli insegnanti di scuola primaria risultano mediamente più virtuosi dei professori delle medie: il 34% si colloca infatti nella fascia di eccellenza nel fornire agli allievi indicazioni sulle strategie e i metodi da seguire.
La ricerca fa anche il punto sulla formazione oggi la formazione didattica, ribadisce ancora Gavosto, è ridotta veramente ai minimi termini. Un errore ripetuto, che anche nei mesi di lezione a distanza durante la pandemia ha avuto effetti negativi. Un’anomalia italiana che colpevolmente continua a ostacolare i nostri studenti nello sforzo di colmare i divari di apprendimento che li separano da tanti loro coetanei in Europa e nel mondo.
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