Su questo fronte, emergono alcune tendenze di fondo che denotano un problema di “capitale umano” e di qualificazione professionale. Si vede ad esempio che nel gruppo degli occupati che svolgono lavori per i quali è richiesta la laurea solo la metà all’incirca (51%) ha effettivamente la laurea, mentre l’altra metà (49%) è costituita da persone con titolo di studio inferiore (“undereducation”). Vi è anche, all’opposto, anche una quota di laureati overeducated, che svolgono lavori per diplomati (12%), che comunque risulta sensibilmente più bassa rispetto all’analoga quota che si riscontra nel resto del mondo del lavoro.
Si ricorda, come riportato in un articolo de Lavoce.info (http://www.lavoce.info/troppo-educati-per-lavorare/ ) , che in generale l’overeducation (l’overeducation avviene quando il titolo di studio non è stato necessario per acquisire il posto di lavoro ) e l’overskilling (l’overskilling si verifica quando le competenze acquisite nel percorso di studio non sono utili allo svolgimento del proprio lavoro ) persistono anche a cinque anni dalla laurea con percentuali dell’11,4 e dell’8 per cento rispettivamente.
L’overeducation oscilla fra zero e il 2,8 nel caso di medicina, architettura, chimica e farmacia, ingegneria e scienze; è invece oltre il 10 per cento per geologia e biologia (10,2 per cento), educazione fisica (12,2 per cento), lingue (13,2 per cento), scienze politiche (14 per cento) e letteratura (17,9 per cento). L’overskilling segue all’incirca lo stesso pattern, con una percentuale leggermente maggiore in ciascun tipo di percorso di studio.
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