A settembre si riapre la vertenza per i rinnovi dei contratti della P.A.
”Il pubblico impiego è l’unico settore che ha subito dal 2008 un arretramento salariale, pari a una media del 13-15% in busta paga. E’ la prima volta che accade”. Il segretario confederale della Cisl responsabile per il Pubblico impiego, a proposito del rinnovo dei contratti dei lavoratori pubblici, è convinto che ”sarebbe un rave errore bloccare i contratti a vita. Al contrario – dice all’ANSA – il governo dovrebbe fare uno sforzo sulle risorse, i 300 milioni messi sul piatto sono pochissimi, a fronte dell’introduzione di tutti gli elementi di innovazione contrattuale. Nessuno qui vuole aumenti a pioggia”.
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Pur con forti differenze tra i vari comparti, il segretario confederale Cisl calcola che ogni lavoratore pubblico ha perso dal 2008 una media di 2.500 euro lordi l’anno, pari a 150 euro netti al mese (circa 220-230 euro lordi).
”Lo dice la Corte dei Conti – prosegue la Cisl – il governo ha risparmiato 10 miliardi di euro solo sugli stipendi. Si è agito solo sul costo del lavoro abbandonando il settore a se stesso, eppure è un importantissimo produttore di servizi. Invece il pubblico impiego ha necessità di rilanciarsi, rinnovarsi. L’età media dei lavoratori è di 50 anni. Bisogna considerare che entro il 2020 ci saranno altre 700mila uscite, occorre pensare non in termini di piante organiche rigide, bizantine, ma di riqualificazione, con l’ingresso di giovani professionalizzati, laureati”.
In vista della ripresa del confronto con l’Aran, previsto per la prima decade di settembre, dopo il blocco dei contratti da 7 anni e ”pur nella morsa di una non crescita, un segnale diverso da parte del governo sarebbe importantissimo – conclude – anche sul piano della spinta ai consumi”.