Paolo Crepet, noto psichiatra e molto presente nel talk-show, con sconcertante sintesi e non senza qualche ambiguità, conferma il nostro ruolo nella società dell’iperconnessione.
Ne usciamo male!
Crepet, l’intervista-verità
Su “Notizie” (Diocesi di Carpi) P. Crepet ha rilasciato un’intervista che esprime una convinzione diffusa, anche se non sempre esplicitata, della nuova funzione del docente nella società 2.0 e iperconnessa.
Ha dichiarato: “Siamo tutti impotenti di fronte a certe situazioni. Il fallimento della scuola nasce anche da questo. Non serve a niente sospendere gli studenti, mandarli a casa o bocciarli. Bisogna educarli, non mandarli a spasso quindici giorni”.
“Gli insegnanti devono tornare a fare gli educatori, non gli istruttori – afferma lo psichiatra – i ragazzi vanno educati, non istruiti. La scuola deve tornare a produrre educazione, perché l’istruzione si può avere anche studiando a casa o in qualsiasi altro posto. La scuola negli ultimi tempi è sembrata privilegiare unicamente la sua funzione di centro d’istruzione. L’educazione prevede delle regole. Se queste saltano, salta l’intero impianto”.
Il ruolo deprimente del docente
Diversi sono i messaggi!
Fra tutti il demansionamento del docente, ridotto a educare senza istruzione. Se quest’ultima dimensione è assente, rimane solo la proposizione di un sistema di valori etici, ritenuti adeguati a definire il profilo del “bravo e onesto cittadino”.
Caratteristiche ritenute un l’argine contro le barbarie dell’ego senza limiti. E chi meglio dei docenti, quasi sempre accostati al mondo del libro “Cuore”, può assolvere questo compito?
Questo approccio leggero, privo di contenuti, è favorito dalla percezione storica di soggetti (=i docenti) incapaci di trasmettere efficacemente istruzioni e abilità o dalla convinzione che l’istruzione sia un “bagaglio culturale” a bassa complessità. Quindi qualunque agenzia è in grado di trasmetterli. Da qui l’inutilità della scuola come soggetto che “forma l’uomo e il cittadino”
Paolo Crepet. probabilmente senza saperlo, cade nella “legge del pendolo” che ha caratterizzato la scuola, soprattutto quella primaria dal 1861 al 1985. In sintesi, le riforme e i programmi hanno oscillato sempre tra due estremi: istruzione ed educazione. L’uno escludeva l’altro e viceversa, in una contrapposizione che vedeva l’altro polo quasi “come un male assoluto”.
L’intervista di Crepet, però, va oltre la tradizione, indicando l’educazione come dimensione pervasiva di tutto il ciclo scolastico, e non solo come “fondamento e coronamento” della scuola primaria.
Contrapposizione inutile e superata
Lo sviluppo della psicologia costruttivistica (P. Ausubel) ha da tempo superato questa contrapposizione, individuando una sintesi tra le due realtà.
In altri termini, “tutto è educazione”.
Il compito della scuola non è quello di puntare all’educazione a 360°. All’istituzione scolastica è affidata una parte “di questa torta” alla quale deve dare una forma attraverso la proposizione di modelli in grado di leggere e sviluppare l’umano e interagire con la realtà circostante. È sempre stato così.
Mi auguro che lo sia in futuro. Diversamente è consigliabile “chiudere la scuola”!
Gianfranco Scialpi