La riduzione dei comparti pubblici da 11 a 4 potrebbe divenire realtà il 4 aprile, quando i sindacati del pubblico impiego saliranno all’Aran per cercare l’accordo quadro finale.
La notizia della convocazione, già si prevede una ‘non-stop’, è arrivata il 22 marzo dopo essere
slittata più volte a causa della complessità della materia. Si tratta di un’intesa più che mai auspicata perché, una volta raggiunta, si potrà finalmente avviare la trattativa per il rinnovo dei contratti, bloccati, come è noto, da quasi sette anni.
Diciamo subito che il comparto che dovrebbe mantenere una fisionomia non troppo distante dall’attuale, quale è quella del Miur, è quello riguardante l’istruzione e la ricerca. Che si riassumerà come settore della Conoscenza: perché, assieme alla scuola, abbraccerà il mondo della Ricerca, dell’Università e dell’Alta formazione artistica e musicale. Salvaguardando le professionalità di ogni settore, ha specificato il ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia.
Ciò significa, spiega l’Adnkronos, che l’accordo risolvere “questioni di non poco conto sia per l’articolazione della contrattazione collettiva, sia per la rappresentanza sindacale. Ad ogni comparto infatti, corrisponde un contratto nazionale con relative retribuzioni base, che dovranno essere in qualche modo armonizzate per i nuovi assunti”.
Ma ci sono novità importanti anche per la collocazione di alcuni profili dirigenziali, in quanto ci saranno tre ruoli unici: Stato, Enti locali e Regioni e, quest’ultimo dovrà accogliere gli amministratori tecnici delle aziende sanitarie, che prima erano nell’area della dirigenza sanitaria.
Da parte dell’Aran già trapela una certa soddisfazione: “Abbiamo messo a punto una proposta che dovrebbe auspicabilmente risolvere i nodi principali”, in particolare sarebbe stata trovata una soluzione ponte per “il passaggio della vecchia misurazione della rappresentanza all’interno dei nuovi quattro comparti”.
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L’intesa nasce dalla necessità di ridurre, in attuazione della legge Brunetta del 2009, la Legge 150, i comparti in cui si divide il pubblico impiego da 11 a massimo quattro.
Pertanto, tutti i dipendenti pubblici contrattualizzati saranno, se la proposta dell’Aran verrà sottoscritta definitivamente, ricompresi nei seguenti settori: poteri centrali, poteri locali, sanità e, appunto, quello della Conoscenza.
Le aggregazioni hanno riguardato solo il primo (agenzie fiscali, ministeri, enti pubblici non economici) e l’ultimo comparto (scuola, ricerca, università e Afam). Sarebbe stata trovata una quadra anche sul meccanismo per trasferire la rappresentanza, calcolata sui precedenti comparti, alla situazione attuale, con una misura transitoria. In ballo c’era la sopravvivenza delle piccole e settoriali sigle sindacali. Le quali, però, per essere convocate al “tavolo” di contrattazione, dovranno gioco-forza confluire in quelle più grandi: diventerà infatti indispensabile raggiungere la soglia minima del 5% (tra media iscritti e voti) per rappresentare ai tavoli i dipendenti pubblici. La procedura, comunque, per la scuola non è certo una novità.
La convocazione del 4 aprile è stata però anche preceduta da un atto di indirizzo del ministro della P.a, Marianna Madia, che ha aperto alla possibilità di inserire delle sezioni per salvaguardare specifiche professionalità all’interno dei mega-comparti. Nell’atto ministeriale c’è anche l’invito a cercare alleanze tra le diverse organizzazioni dei lavoratori. Il raggiungimento dell’intesa è il tassello che manca per la riapertura della contrattazione.
Una volta firmato l’accordo si potrà quindi iniziare a parlare di negoziati per lo sblocco degli stipendi. La Legge di Stabilità stanzia per i rinnovi solo 300 milioni di euro nel 2016, pari a meno di 10 euro lordi a lavoratore: una cifra così bassa che non può essere nemmeno presa in considerazione, hanno già detto i rappresentanti dei 3 milioni e oltre di lavoratori statali. E come dargli torto?
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