Il 2018 potrebbe essere l’anno buono per tanti precari che sognano il posto fisso nella pubblica amministrazione: in base ad alcune stime, prodotte sulla base degli stanziamenti previsti nella Legge di Stabilità 2018 appena approvata, sarebbero circa 80mila i dipendenti pubblici in “uscita”, destinati al pensionamento. In pole position per l’assunzione ci sono i 157 mila idonei in concorsi pubblici, visto che la manovra economica per il 2018 ha prorogato le graduatorie. Il ricambio, comunque, appare inevitabile, visto che in cinque anni andranno in pensione circa 400 mila dipendenti pubblici.
Turn over da verificare e concorsi rinnovati
Non è tuttavia certo che si preveda un turn over immediato ed equiparato al fabbisogno. Anche perché, parallelamente, nel 2018 prenderà il via anche il piano triennale per la stabilizzazione di circa 50mila precari storici della PA.
La manovra ha inoltre stanziato risorse ad hoc per la scuola e la ricerca. Cambieranno però le regole. Sono attese le linee guida della ministra Madia sulle novità per i concorsi dopo la riforma della Pubblica Amministrazione: si va, scrive l’agenzia Ansa, “verso selezioni mirate e meno frammentarie”.
Si punta sulle conoscenze dell’inglese: tetto 20% idonei.
“La riforma – scrive ancora l’agenzia nazionale – mette poi l’accento sull’inglese e sui titoli di studio (con l’opportunità di far valere il dottorato di ricerca). E ancora, viene posto un tetto al numero di idonei, che non potranno superare il 20% dei posti in palio. Le graduatorie dovrebbero avere una durata fissa, forse triennale. Tutti i dettagli saranno presentati in un regolamento che dovrebbe approdare in una delle prossime Conferenze unificate (la prima seduta utile è quella dell’11 gennaio). A questo si accompagnerà il piano sui fabbisogni, che ridisegnerà la mappa degli organici”.
La scuola fa da apripista
Nella scuola, come spesso accade, il processo di rinnovamento dei pubblici concorsi è stato già avviato: attraverso la Legge 107 del 2015, infatti, è stata introdotta una procedura che prevede l’immissione in ruolo dopo concorsi rinnovati, sia nei requisiti (non servirà ad esempio più l’abilitazione all’insegnamento per partecipare al concorso a cattedra), sia nella formazione (affidata per la prima volta al Miur e non più alla Scuola di formazione della PA facente capo alla Funzione Pubblica), sia nelle modalità di assunzione (con tre anni di introduzione al lavoro, prima dell’eventuale definitiva immissione in ruolo).
Infine, va ricordato che dalla Legge di Stabilità sono arrivate delle risorse specifiche per assumere un surplus di insegnanti, oggi collocati negli organici di fatto.