Sono state una professoressa e la dirigente scolastica di una scuola di Roma a sottrarre un ragazzino di 12 anni a presunti maltrattamenti ripetuti da parte del padre, che lo avrebbe picchiato utilizzando anche una cintura e un manico d’ombrello. Secondo la procura, le violenze sarebbero state spesso scatenate dalla pretesa di voti eccellenti.
Preoccupate per il comportamento dell’alunno apparso più volte spento e sofferente, le due educatrici hanno deciso di intervenire, inviando alla procura di piazzale Clodio una segnalazione dettagliata con quattro relazioni che hanno spinto magistrati e carabinieri a intervenire. L’uomo è ora a processo con l’accusa di maltrattamenti in famiglia, mentre la madre è accusata di abuso dei mezzi di correzione.
Come riporta Repubblica, tutto è iniziato nel 2022, quando l’insegnante di italiano, notando l’atteggiamento chiuso e sconsolato del ragazzo, ha cercato di capire cosa lo turbasse. “Appoggiava la testa sul banco, visibilmente disperato”, ha raccontato nella sua relazione alla procura. Dopo averlo portato fuori dalla classe, il ragazzo ha iniziato a raccontare le violenze subite, riferendo che il padre non tollerava voti inferiori all’eccellenza e che ogni insufficienza, sebbene minima, portava a punizioni fisiche.
Un’altra insegnante ha poi raccolto ulteriori confessioni dal ragazzo: “Mi ha detto che il padre lo ha colpito sugli avambracci e sui gomiti con una cintura, causandogli dolori tanto forti da impedirgli di scrivere. È stato anche colpito con una corda e il manico di un ombrello, finché la madre non è intervenuta”. L’alunno ha rivelato particolari sconvolgenti: il padre gli avrebbe proibito di piangere, pena ulteriori percosse.
La vicenda mette in luce il ruolo cruciale delle insegnanti, che con il loro intervento hanno fatto emergere una realtà dolorosa, permettendo alla giustizia di fare il suo corso.