Nella giornata del 27 settembre il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge che contiene una misura importante per la scuola. Viene infatti autorizzata la spesa di 55,6 milioni di euro per l’anno 2023 per consentire il pagamento dei contratti di supplenza breve e saltuaria del personale scolastico.
A quanto riporta il comunicato di Palazzo Chigi lo stanziamento deriva dalle risorse disponibili, relativamente al 2023, del Programma operativo nazionale Istruzione 2014-2020 (PON Istruzione 2014-2020).
C’è già chi solleva qualche dubbio sulla possibilità di utilizzare i residui dei fondi del PON per finanziare spese a carattere ordinario, ma è anche possibile che il Governo si sia confrontato con Bruxelles per avere la certezza di non violare norme europee.
In realtà il problema del pagamento delle supplenze brevi e saltuarie (quelle conferite dai dirigenti scolastici per coprire le assenze del personale sui posti in organico) non è nuovo, tutt’altro.
La questione, infatti, si ripresenta quasi ogni anno perché il Ministero non sempre è in grado di quantificare con precisione il fabbisogno. Spesso poi, il Ministero dell’Istruzione, in sede di stesura della legge di bilancio, tende a ridurre all’essenziale la previsione per evitare contrasti con il Ministero dell’Economia.
In genere la previsione parte dalla cifra già spesa nell’anno precedente, ma evidentemente il fabbisogno, per mille ragioni, continua ad aumentare.
In questa vicenda colpisce anche il commento del Ministro che ha affidato il suo pensiero ad un comunicato ufficiale: “L’adozione di questa misura, che integra l’insieme di azioni migliorative delle condizioni economiche di tutto il personale scolastico, è una ulteriore conferma della costante attenzione che vogliamo rivolgere ai lavoratori della scuola”.
Commento che ci sembra francamente un po’ eccessivo: si parla di una “azione migliorativa delle condizioni economiche” del personale scolastico quando in realtà si tratta molto banalmente di uno stanziamento finalizzato a pagare una prestazione lavorativa del tutto ordinaria il cui costo poteva (e doveva) essere previsto già da mesi.
Senza considerare che – a causa dei tempi tecnici degli uffici centrali – è molto probabile che i supplenti riceveranno quanto dovuto per il mese di settembre con almeno un mese di ritardo: per la verità non mi pare davvero che si possa parlare di una misura particolarmente esaltante.
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